(1) – Analisi/Il PdL è l’univa forza capace di attrarre i moderati

Guai al Popolo della Libertà, perché resta il solo baluardo capace di attrarre i moderati alle prossime elezioni: i fulmini dei giornali e dei commentatori si abbattono perciò stamani con dovizia sulle dichiarazioni di alcuni esponenti della Lega e sulle “tentazioni” dell’Udc. Da un lato, desta immenso scandalo su tutti i quotidiani, la mancata presenza del leader della Lega alla cena di Arcore del lunedì con il presidente Berlusconi. Dall’altro lato, si sottolinea che il partito di Casini è saldamente collegato con la sinistra riformista oppure che appare coinvolto nella bufera sollevata dal caso Finmeccanica e quindi non ha tempo né voglia per stringere rapporti con il Pdl, partito visto tradizionalmente in conflitto con la magistratura.

Sul rapporto già in corso, quello con la Lega, appaiono stamani veri romanzi e romanzetti di appendice. Come se i quotidiani, concentrati nel coro colossale e continuativo di lodi al Governo dei tecnici, trovassero divertente prendersi qualche divagazione su un terreno più facile. Fioccano le ricostruzioni, nessuno che voglia ammettere come la divergenza momentanea sulla tattica tra Pdl e Lega non sia affatto il preludio a una separazione strategica nel futuro. I valori e i principi, infatti, non cambiano ma restano quelli stabiliti da Berlusconi e da Bossi, mentre i due partiti continuano ad essere collegati nella pratica quotidiana da una imponente serie di enti locali gestiti assieme nelle regioni settentrionali. Senza mettere in crisi la solidità e la robustezza di un rapporto che risale indietro a più di un decennio, è logico peraltro che la Lega tenda a enfatizzare la sua opposizione al Governo attuale di transizione: e ci sta anche, in questa posizione, qualche critica nei nostri confronti come pure qualche nostra replica più o meno piccata.

Ma che il fuoco tattico possa provocare la distruzione dell’alleanza Pdl-Lega proiettata verso le elezioni prossime e future è tutto da dimostrare. Certo, un evento del genere farebbe comodo a chi ostacola e ha sempre ostacolato le riforme, la novità, il cambiamento. Farebbe comodo a chi intende scomporre e ricomporre le forze politiche attuali in un quadro che tolga al Popolo della Libertà il predominio totale nella aggregazione degli elettori moderati. Farebbe comodo togliere di mezzo con le idee di Berlusconi anche la sua futura eredità di voti centristi: una convergenza delle forze di centro destra con l’appoggio della Lega sarebbe imbattibile. Lo dimostrano quei 380 voti dell’altra settimana alla Camera che farebbero gola a chi vorrebbe spostare il baricentro della nostra politica interna più a sinistra. Non meravigliamoci, perciò, se leggiamo descrizioni di guerra e di guerriglia laddove vediamo soltanto nella concreta realtà manovre scontate di posizionamento. I moderati sanno benissimo che qualsiasi aggregazione tattica o strategica con la sinistra, al di fuori di questa drammatica fase di emergenza, è destinata a fallire miseramente.

Alfano: spread a 475 e nessuno ne parla, ci fossimo stati noi…

“Fantastici i giornali italiani! Non gliene frega più niente dello spread. È a 475 ma parlano di ‘spread stabile’”. Questo lo sfogo di Angelino Alfano su Twitter commentando la situazione finanziaria. Poi il segretario del PdL conclude esclamando: “ah, se ci fossimo stati noi…”.

(2) – Una forza di persone e di programmi

Oggi si raduna il gruppo che intorno ad Angelino Alfano stabilisce le regole per i congressi provinciali e cittadini del Popolo della Libertà. C’è da risolvere il nodo delle incompatibilità per i ruoli di responsabilità locale nel partito. C’è da scegliere, molto banalmente, come organizzare i seggi. Non è una cosa da poco. Il successo clamoroso del tesseramento (circa un milione e duecentomila iscritti) rende felici ma complica la logistica. Importante è comunque la determinazione manifestata dal segretario politico Angelino Alfano e confermata dal presidente Silvio Berlusconi nel recente incontro con i deputati di procedere senza indugi nel cammino di partecipazione piena, di chiunque lo voglia e condivida gli ideali costitutivi del Pdl, alla edificazione attraverso la politica di una società buona per i nostri figli.

É nei tempi difficili che si palesa la verità di un’esperienza politica. Se si affloscia nel lamento reciproco e nelle recriminazioni universali è un guaio: vuol dire che è destinata a soccombere. Tutto il contrario è quanto si sta verificando in questi mesi per il Popolo della Libertà. A luglio i tesserati del Pdl erano sotto le diecimila unità… Qualcosa vuol dire non solo per noi ma per l’Italia intera questo formidabile successo: sarebbe perfetto autolesionismo deludere le attese di così tanta gente. Lo si coglie dovunque ci sia un incontro sui temi della politica nazionale o locale: c’è una voglia di far valere le nostre idee, difendendo l’Italia dalle aggressioni giudiziarie e mediatiche interne e dagli attacchi internazionali fomentati dalla nostra sinistra politica ed editoriale.

  • Cresce la consapevolezza, ben al di là dei confini del Pdl, che l’assillo accusatorio contro Berlusconi e la sua colpevolizzazione a riguardo della crisi erano calunnie ridicole, motivate dalla volontà di un ribaltone antidemocratico. Con il tentativo di commissariare la sovranità popolare.

Il Popolo della Libertà sta dimostrando in questa fase, specie nelle parole e negli atti, grande maturità democratica. Appoggiamo il governo Monti badando a che la sua azione non neghi i principi fondamentali del nostro impegno politico: vita, famiglia e libertà di educazione. Il risanamento non deve passare attraverso un ripiegamento in uno statalismo conservatore. In conclusione: il successo clamoroso della campagna di tesseramento dimostra che il desiderio di contare nelle decisioni fondamentali della vita pubblica non è commissariabile. Il governo è tecnico ma la partecipazione è popolare.

(3) – Una forza che non si lascia scomporre

Uno dei giochi più gettonati del momento è quello della scomposizione e ricomposizione dei partiti. In vista delle prossime elezioni – nel 2013 se non prima – si dà per scontato che “nulla sarà più come prima”. La tesi di fondo è che il Popolo della Libertà subirà una sorta di take-over, di opa, da parte dei centristi, in particolare dell’Udc, che vale in questo momento, secondo tutti i sondaggi, al massimo il 7%. Il terzo polo tutto assieme, a dire (molto) bene, al massimo il 15. Il Pdl, nel momento di massima difficoltà di tutti i partiti di governo, non è quotato meno del 27%: siamo su tutt’altri ordini di grandezza.

Eravamo e restiamo il maggior partito presente in Parlamento, siamo la maggior forza che garantisce la tenuta del governo Monti. Soprattutto, con la segreteria politica di Angelino Alfano abbiamo appena concluso una campagna di tesseramento che ha prodotto 1 milione e 200 mila iscritti: oltre la metà dei voti ottenuti dall’Udc nel 2008.

È possibile, probabile e auspicabile che da qui al 2013 la politica si rinnovi. Ma da questa parte, quella dei moderati, il protagonista sarà sempre il Pdl. Un rapporto nuovo, magari di collaborazione o addirittura di alleanza con l’Udc è possibile: del resto collaboriamo già in molte regioni e realtà locali. Ed è un dato assodato che con noi l’Udc vince, senza di noi perde. Quanto alla Lega, confidiamo che i rapporti oggi interrotti riprenderanno al più presto. La collocazione naturale di tutte queste forze è il centrodestra, non altrove.

Di là la sinistra ha molti problemi e moltissime contraddizioni. Il passo indietro di Berlusconi non è certo una sua vittoria, ed anzi manca l’alibi dell’antiberlusconismo. Qual è il collante della sinistra senza Berlusconi? Perfino i suoi Travaglio, Guzzanti, Santoro & Co. si sono messi a litigare tra loro. A livello politico, la famosa “alleanza di Vasto” tra Bersani, Vendola e Di Pietro è già in archivio, ed anche il Pd si divide al proprio interno.

Il Pdl si rilancia e si riorganizza: abbiamo un nuovo segretario politico che ha tutti i numeri per essere candidato premier nel 2013. La riscossa dei moderati parte da noi.

(4) – PdL-Lega, divergenze superabili

Con l’avvento di Monti a Palazzo Chigi è cambiato un governo, non è caduto un sistema, perché dopo la fase dei tecnici tornerà il fisiologico confronto politico, e con esso il sistema bipolare, che è una delle conquiste della nostra democrazia da cui non si tornerà indietro.

  • Per questo la missione del Pdl è di ricostruire, in un clima politico meno avvelenato, un centrodestra che mantenga l’asse strategico con la Lega ma che recuperi anche l’alleanza con l’Udc.

In questo momento Pdl e Carroccio si trovano su due sponde diverse, circostanza che Maroni ha rimarcato parlando di “prima vera separazione negli ultimi tre lustri”. È una constatazione che non sposta però i termini politici della questione, visto che l’appoggio che il Pdl sta dando al governo Monti non è la costruzione di una nuova alleanza, ma un percorso determinato da circostanze del tutto eccezionali (la crisi sui mercati) che non prefigura nessuna larga intesa con la sinistra, ma solo la comune convergenza su un esecutivo tecnico a tempo. Non è peraltro una novità che il gruppo maroniano stia tornando con decisione alla “Lega di lotta”, ma questo rientra in un gioco delle parti che ha molto a che fare con la partita in corso dentro il Carroccio, in cui l’ex ministro dell’Interno guida l’ala movimentista.

Ma i rapporti tra Berlusconi e Bossi restano molto solidi, tanto che il capogruppo alla Camera Reguzzoni si è affrettato a dire che tra Pdl e Lega “non c’è alcuna novità”. Del resto, l’alleanza con la Lega rimane fortissima a livello locale, dove i due partiti guidano insieme le tre grandi regioni del nord e centinaia di comuni, e questo è un inequivocabile segnale di continuità che porterà a disegnare congiuntamente anche le strategie politiche a lungo termine a livello nazionale. Così come i rapporti fra i gruppi parlamentari non hanno subìto scossoni negativi, nonostante la diversa collocazione.

Non dovrà dunque spaventare il periodo di propaganda leghista che rientra nelle prerogative di un partito che ha sempre abbinato una forte cultura di governo a una scapigliata gestione del modo di comunicare. Ma, realisticamente, non esiste un’alternativa credibile all’asse Pdl-Lega per le prossime elezioni, e i prossimi mesi saranno cruciali per ricucire il rapporto con Casini nel solco di quel Ppe la cui costola spagnola ha appena conseguito una storica vittoria sui socialisti a Madrid.

(5) – Crisi, al centro non c’è l’Italia

A Madrid è accaduto quanto solitamente avviene in una democrazia matura, e cioè che quando la maggioranza uscita dalle urne non ha più la forza sufficiente per governare, la parola torna immediatamente al popolo sovrano. A Roma è invece nato un governo fuori dalle dinamiche parlamentari, in una situazione politica eccezionale figlia di una situazione finanziaria eccezionale. Se vogliamo uscire dall’ottica provinciale con cui vengono solitamente lette le vicende italiane, si deve necessariamente rilevare che oggi la finanza mondiale è politicamente più forte delle democrazie, ed è paradossale che, nel momento in cui un certo modo discutibile di fare finanza si trova sul banco degli imputati come causa principale della crisi economica mondiale, sia proprio uno strumento della finanza – lo spread – a dettare l’agenda della politica agli Stati sovrani.

Il governo Berlusconi – va sempre ricordato – non è infatti caduto per un voto di sfiducia, ma a causa di una massiccia ondata speculativa sui mercati, e la soluzione della crisi politica che si è subito aperta è stata anch’essa dettata non dalla volontà della maggioranza del Parlamento, ma dal timore che le elezioni anticipate potessero innalzare ancora il differenziale tra i nostri titoli pubblici e quelli tedeschi.

Si è dunque abbandonata la strada maestra del voto per imboccarne un’altra: quella della comune responsabilità verso il Paese nella consapevolezza che la crisi è planetaria, e sta mettendo alla prova lo stesso modello economico occidentale.

Oggi abbiamo la prova provata che il centro della crisi finanziaria non è l’Italia, ma l’Europa.

  • Pensare che fosse sufficiente cancellare con un tratto di penna il governo Berlusconi per placare i mercati era una previsione totalmente infondata.

Le dinamiche della finanza mondiale sono in effetti molto più complesse delle illusioni politiche. Il problema è che l’Europa deve crescere in fretta, e soprattutto cambiare governance. La gestione della crisi greca ha dimostrato che non basta un direttorio per tenere salda la rotta. L’euro va dotata al più presto di una banca centrale quale acquirente di ultima istanza come avviene per tutte le altre valute mondiali, dal dollaro allo yen alla sterlina. Questo non significa stampare denaro facile, ma semplicemente dare all’Europa un organismo autonomo e indipendente che sviluppi una propria linea di politica monetaria, che oltre al rigore pensi alla crescita, e che non sia nelle mani esclusive di due Paesi – Francia e Germania – che presto potrebbero peraltro cambiare colore politico.

Anche ieri le Borse europee sono andate giù, ma nei giorni scorsi abbiamo visto che la grande stampa ha relegato nelle pagine interne le notizie sui mercati, dopo aver fatto tremare per un anno l’opinione pubblica con i titoli sui crolli in borsa e gli aumenti dello spread. Mentre oggi, col nuovo governo in sella, ci dicono che tutto è a posto, mentre invece la situazione, purtroppo, non è cambiata di un millimetro.

Gasparri: l’Ue abbia coraggio, servono gli eurobond

“L’andamento dei mercati conferma che non bastano decisioni nel cortile interno. Ma che l’intera Europa deve avere coraggio sugli eurobond, sul piu’ forte legame tra euro e Bce, sulle scelte strategiche che il Pdl sollecita da tempo come unica soluzione per uscire da una crisi che solo in malafede qualcuno poteva collegare al governo Berlusconi”. Lo afferma il capogruppo Pdl al Senato Maurizio Gasparri.

Corruzione/Cicchitto: stop al tritacarne mediatico

“Il gioco al massacro dei nomi consegnati al tritacarne mediatico per qualunque citazione contenuta in atti giudiziari va rifiutato, perche’ e’ parte di un meccanismo distruttivo da tempo in atto che ha contribuito a imbarbarire la vita politica italiana”. Lo afferma il capogruppo del Pdl alla Camera Fabrizio Cicchitto, in merito all’inchiesta Enav.

”Per questo solidarizziamo con amici come Matteoli e anche con avversari come l’Udc sottoposta come partito a un trattamento che riteniamo vada respinto. Ricordiamo anche che il garantismo e’ un valore degno di rispetto se riguarda in primo luogo gli avversari e i concorrenti, poi gli amici”.

Corruzione/Bondi: il garantismo resta la nostra stella polare

“Sono d`accordo con Fabrizio Cicchitto che il garantismo, soprattutto nei confronti dei nostri avversari politici, sia sempre stato la nostra stella polare, il nostro tratto distintivo umano e politico”. Lo dichiara il senatore del Pdl Sandro Bondi.

“In questo momento, di fronte a inchieste che chiamano in causa con accuse molto gravi leader e partiti politici, ribadiamo con forza questo nostro ancoraggio ai principi del diritto e della civiltà politica, anche se è nostro dovere ricordare che non sempre un uguale trattamento è stato riservato nei confronti del presidente del Consiglio e in taluni casi nei confronti della mia persona”, conclude.

(6) – Crisi, non era colpa di Berlusconi

Tra giornate da incubo come quella di ieri, e timidi rimbalzi come nell’apertura di stamani, le Borse mondiali continuano a puntare verso il basso bruciando miliardi di euro e di dollari degli investitori. Ieri hanno fatto scalpore tre cattive notizie, tutte provenienti da oltre confine: Moody’s minaccia di declassare la Francia, attualmente con la tripla A; negli Usa repubblicani e democratici sono di nuovo ai ferri corti sul debito federale, che ha raggiunto il 100% del Pil, e sul deficit; la Bundesbank tedesca ha ridotto le previsioni di crescita della Germania dal 1,8% allo 0,5 nel 2012: quasi tre quarti in meno.

Questo bombardamento non ci fa certo piacere, però viene inevitabile una domanda: ma non era tutta colpa di Silvio Berlusconi? “Il male dell’Europa si chiama Italia” titolavano i più paludati quotidiani italiani, trovando sponde nella stampa soprattutto britannica. Oggi il Financial Times mette invece in prima pagina le liti sul debito Usa, mentre dall’America il Wall Street Journal punta invece l’indice sull’Europa: “Nessun aiuto per i titoli europei”. Al tempo stesso il francese Le Monde indica dove trovare colpe e soluzioni: “La chiave è a Berlino”.

La Spagna ha cambiato non solo governo, ma anche coalizione e come previsto hanno vinto i popolari, senza nessun significativo mutamento da parte dei mercati. Il Belgio è di nuovo senza un esecutivo.

Tutti chiedono che la Bce abbia un ruolo più attivo come ogni banca centrale, molti sposano la linea indicata da Berlusconi: “Deve fare da prestatrice di ultima istanza”, in altri termini, deve garantire l’euro, l’unica moneta al mondo sprovvista di garante. Berlusconi ha fatto il passo indietro, Monti si è insediato con il leale sostegno del Popolo della Libertà ribadito dall’ex premier. Inizia oggi la sua prima missione europea. Ma, come si è visto, non ha la bacchetta magica. Così come sarebbe onesto ammettere che i problemi dell’Europa non erano, e non potevano essere “colpa di Berlusconi”. Che la “credibilità” se l’erano inventata gli altri.

Lo spread dell’Italia staziona ancora poco sotto i 500 punti; nel frattempo si è chiusa la forbice con la Spagna ed è nei guai la Francia, per problemi loro. Ma è sempre più chiara una cosa: nessuno si salva da solo, l’Italia deve tenere in ordine i conti cosa che il precedente governo ha fatto) e rilanciare la crescita (cosa che dovrebbe fare questo governo), però siamo in balìa dell’Europa, che a sua volta è prigioniera dei dogmi della Germania, la quale, intanto, non appare più infallibile, anzi. Ma non era colpa di Berlusconi?

(7) – Riforme, sul lavoro Pd inaffidabile

Dal Pdl chiarezza, dal Pd no. Mario Monti sa cosa può e deve aspettarsi dal Popolo della Libertà sotto il profilo dei comportamenti (Alfano: “lealtà, ma non subalternità”). Sa anche su quali provvedimenti avrà il sostegno parlamentare nella sua azione di governo (Berlusconi: “no alla patrimoniale, sì a un’imposta federale”).

Sul fronte opposto della coalizione che lo appoggia Mario Monti non sa cosa può e deve aspettarsi. Al di là dell’impegno solenne di un sostegno “al cento per cento” e del generico quanto scontato auspicio che a pagare non siano i soliti noti, Bersani si guarda bene dall’esprimersi su pensioni e lavoro, temi sui quali il partito è lacerato e i sindacati sono spaccati. Si tratta di nodi fondamentali che verranno presto al pettine in quando sono in testa alla lista delle cose che l’Europa ci chiede e sulle quali l’Italia si è impegnata con il governo Berlusconi.

Se in tema di contrattazione e relazioni industriali Bersani pensava di fare la melina, da ieri il tempo è scaduto: il blitz della disdetta di tutti i contratti e le intese da parte di Marchionne per l’intero gruppo Fiat rompe tutti gli schemi. Si va fuori dal contratto nazionale collettivo e in direzione di un contratto Fiat per tutti i dipendenti. Mario Monti in parlamento si è espresso così: “Intendiamo perseguire lo spostamento del baricentro della contrattazione collettiva verso i luoghi di lavoro”. Anche su questo il Pd ha dato la sua fiducia. Ma da giorni ormai assistiamo a un logoro balletto di dichiarazioni contrapposte di chi nel Pd si muove sulle posizioni di un sostanziale collatelarismo con la Cgil (Fassina, Orfini, Damiano) e di chi, da Letta a Veltroni, si allinea sulle posizioni riformiste di Ichino.

Da ieri non esiste più un possibile quanto instabile punto di equilibrio nella frattura tra Cisl e Uil pronte a trattare per un contratto aziendale e Cgil che alza le barricate e cerca sponde giudiziarie.

Il governo Berlusconi ha accompagnato lo spostamento verso la produttività, la flessibilità e la contrattazione aziendale con provvedimenti concreti (dagli sgravi fiscali all’articolo 8) e dunque Monti sa che potrà contare sul Pdl. Tocca al segretario del Pd dire con chiare parole al nuovo governo se la linea è quella di Fassina o di Ichino, se sta con la Cgil o con gli altri sindacati. Presto, subito.

(8) – Sondaggio, continuiamo a crescere

La novità c’è stata con la formazione del nuovo governo. Ma quali effetti ha prodotto sulle intenzioni di voto? I sondaggisti si sono animati, ma più ancora chi ha commissionato i sondaggi. Con risultati abbastanza sorprendenti.

Ha cominciato Repubblica, due giorni fa, proiettando il Partito democratico al 29,4% e facendo “volare” l’Udc a oltre il 10% con 3 punti di crescita in un mese. Ma ieri è arrivata la smentita dal sondaggio del Tg de La7: Pd solo al 27,5% – cioè due punti in meno da quanto attribuitogli da Repubblica – e l’Udc al 7,1% – cioè tre punti in meno da quanto gli assegnava il quotidiano di Ezio Mauro.

È dunque guerra di cifre tra l’area di sinistra e l’area di centro attraverso i relativi maggiori sponsor mediatici.

Il vero fatto nuovo che emerge dal sondaggio di questa settimana è il rimescolamento di carte che sta avvenendo nell’area di sinistra. Infatti – secondo La7 – il leggero incremento del Pd (+0,7%) avviene a spese soprattutto del Sel di Vendola, che perde lo 0,9% e dell’Idv che perde lo 0,3%. Ma significa che il partito di Bersani non ha intercettato tutti questi voti, chiaro segnale che l’appoggio al governo Monti suscita qualche perplessità nell’area di sinistra.

Mentre la Lega è stabile all’8,8%, poiché il passaggio all’opposizione l’ha ricompattata almeno alla base, il Popolo della libertà – e questo è un altro fatto rilevante – riguadagna consensi, attestandosi al 25,6% (+0,4%) o, secondo la sondaggista Alessandra Ghisleri, al 28%. Repubblica, invece, al chiaro scopo di svalutare l’appoggio del Pdl a Monti, aveva dato al partito di Berlusconi il 24% con un calo di due punti percentuali.

Ciò che si può dire a conclusione dell’analisi dei sondaggi è che il blocco Pdl-Lega resta lo stesso in termini di intenzioni di voto, anzi guadagna mezzo punto, il centro non decolla – e tanto meno l’Udc “vola” – mentre il cambio a Palazzo Chigi crea problemi soprattutto nell’area di sinistra.

(9) – Alfano: coerenti con i nostri valori

Coerenza del Popolo della libertà sui temi della bioetica, anche con il nuovo governo: è l’impegno di Angelino Alfano, segretario del Pdl. In un intervento al convegno nazionale dell’associazione Scienza & Vita, ha affermato: “È necessario delineare una linea di coerenza tra valori e prassi, ovvero tra ciò che si dice e ciò che si fa. Ed è quello che abbiamo fatto con l’agenda bioetica durante il nostro governo: noi abbiamo prodotto quell’agenda perché questo è il nostro credo e da questo discende la nostra azione politica”. Alfano ha poi aggiunto: “La vita qualcuno la dà e qualcuno la toglie, e quel qualcuno non è il Parlamento”. Non solo: “La famiglia per noi è il nucleo essenziale della società ed è formata da un uomo e una donna, che hanno l’obiettivo naturale di fare figli”.

Netta la separazione delle responsabilità tra il precedente esecutivo e l’attuale. Ha precisato Alfano: “Ora c’è un altro governo che, giustamente, non ha assunto impegni programmatici su questi argomenti, ma per noi l’impegno sulla bioetica era prassi”. Parole chiare: anche se il premier bocconiano non ha fatto alcun cenno all’agenda bioetica nei discorsi per la fiducia a Senato e Camera, non per questo il Pdl verrà meno ai propri principi se e quando il tema sarà riproposto in Parlamento.

Il segretario del Pdl si è detto pronto a intervenire in Parlamento su un altro tema: la nuova legge elettorale, qualora la Consulta approvi il referendum. Giustamente, ha osservato Alfano, la nuova legge elettorale non è entrata nel programma del nuovo esecutivo. Ma “subito dopo la dichiarazione di ammissibilità sul referendum”, ha precisato, “potrà iniziare il procedimento per discuterne in Parlamento”. I paletti in materia li ha già piantati il presidente Silvio Berlusconi: la nuova legge elettorale dovrà garantire il bipolarismo e l’alternanza di governo, così che gli elettori possano sempre scegliere il premier, la coalizione vincente e il programma di governo. Regole semplici ma indispensabili per garantire la normale dialettica democratica anche in futuro, quando la parentesi del governo tecnico si sarà conclusa.

(10) – “Pdl sale, la sinistra scende”

Dai giornali di oggi, martedì 22 novembre

La Stampa (La Jena) – Tutta l’Europa è di destra, noi invece boh.

Il Secolo (Marcello De Angelis) – Dal ’92 in poi, per la convinzione diffusa che il male della democrazia italiana fosse l’instabilità dei governi e delle maggioranze, si è intrapreso un percorso normativo che doveva condurre verso una maggiore governabilità. La scelta del maggioritario andava in questa direzione e perfino il cosiddetto Porcellum, che aveva il fine di fidelizzare i parlamentari e, con il premio di maggioranza, assicurare stabilità alla legislatura … Questo percorso nel 2008 ha favorito Berlusconi, il che ha creato agitazione in tutti i poteri mondiali e nazionali. Se B. avesse terminato senza intoppi questa legislatura, nel 2013 ci sarebbe stata un’Italia strutturalmente diversa … B. era un capo carismatico, autoreferenziale e sovrano, che non credeva nel partito. Se cade lui – hanno valutato i suoi avversari – il suo seguito si dissolve. Così B. è stato bombardato da media e tribunali fino a paralizzarlo sul piano politico e comunicativo. La campagna contro il Parlamento … gli ha sottratto anche la forza dell’istituzione … Ci è stato imposto così un governo del Presidente, tutto cooptato e senza alcuna verifica popolare. Unica differenza rispetto alle altre repubbliche presidenziali è il fatto che Napolitano non è stato eletto direttamente dal popolo, ma proprio da quel Parlamento ormai delegittimato. E non è poco.

Libero (Salvatore Dama) – … Il Pdl è al 28 per cento, dopo aver toccato il minimo storico, il 26. Secondo Alessandra Ghisleri di Euromedia Reserearch, il rimbalzo è l’effetto collaterale dei festeggiamenti per la caduta del Cavaliere: “L’elettorato moderato è si critico, ma protettivo verso Berlusconi”. I caroselli davanti a Palazzo grazioli hanno risvegliato l’orgoglio degli elettori di centrodestra. Si è ripetuto un po’ l’effetto statuetta, l’onda emozionale del dopo aggressione in piazzo Duomo …

La Stampa (Federico Gremicca) – Nichi Vendola: che non ha fatto mistero … di apprezzare assai poco la scesa in campo del professor Mario Monti e della sua pattuglia di ministri tecnici … Non si parla ancora apertamente di un “caso-Vendola”, naturalmente, ma è chiaro che in casa Pd la preoccupazione cresce …e investe … il futuro: e cioè la prospettiva di un’alleanza politico-elettorale(con Di Pietro e Vendola, appunto) che i mesi del governo del professore – pochi o tanti che saranno – rischiano di mandare letteralmente in frantumi … Stavolta c’è una novità sulla quale il leader di Sel non potrà non interrogarsi: gli ultimissimi sondaggi (quello del TgLA7 di ieri, per esempio) danno il suo partito e quello di Di Pietro per la prima volta in deciso calo …

Il Giornale (Gian Marco Chiocci) – Si mette male, molto male, per Pier Ferdinando Casini, leader di quel partito degli onesti, chiamato Udc, che ha votato sì all’arresto del collega Pdl, Alfonso Papa (che per la Cassazione non andava affatto arrestato) e che adesso annuncia querele dopo aver predicato garantismo «perché chi accusa non è Santa Maria Goretti». E così sia. Si mette male perché a leggere i verbali dei protagonisti dell’affaire Enav-Finmeccanica parecchi denari, sotto forma di mazzette, sarebbero stati destinati a Casini, al segretario Lorenzo Cesa, al «tesoriere» Giuseppe Naro, al referente del partito con lo scudo crociato in Enav, Franco Bonferroni …

Il Messaggero – “Le vicende della vita mi hanno portato ad una nuova funzione e mi ispiro al miglio interprete che io abbia mai conosciuto in questo mestiere, Gianni Letta. Sarò riservato come lui” E’ il riconoscimento del sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Antonio Catricalà, al suo predecessore. Letta ha ricambiato: “Catricalà è mio amico e maestro e ho imparato tanto da lui e ho avuto la sua guida ad esempio”.