(1) – Alfano ripete: è un governo di tregua
Un “nuovo inizio” al Popolo della Libertà è stato impresso. La promessa annunciata dal segretario del partito, Angelino Alfano, si sta realizzando. Lo dimostra l’agenda e il timing del nuovo corso annunciati da Alfano in una conferenza stampa nella sede di via dell’Umiltà. Questi i punti principali.
Congresso nazionale. “Nonostante il numero delle adesioni, che è arrivato a un milione e duecentomila, il programma rimane invariato e il congresso nazionale si farà in primavera”.
Costituente dei moderati. Questo periodo di governo d’emergenza “lo utilizzeremo per mettere a punto la strategia che porta alla riunificazione dei popolari e dei moderati e arriveremo al congresso del Partito Popolare Europeo di Marsiglia con una nostra proposta”.
Incompatibilità. “Stiamo scrivendo le regole per le incompatibilità tra incarico di partito e quello di governo del territorio. In questo ambito varrà il principio ‘anatomico’, secondo il quale un corpo non può occupare due poltrone”.
Primarie. “A noi più che la parola primarie piace ‘indicazione popolare’. Stiamo stilando un programma di regole per fare in modo che i nostri elettori possano scegliere direttamente i candidati per le prossime elezioni amministrative” e il candidato Premier.
Nome partito. “Il congresso di primavera avrà con ogni probabilità anche l’epilogo e l’esito del cambio del nome del partito, che sarà un nuovo traguardo”.
Governo. “Come noi anche altre forze sostengono il governo e sarà Monti a fare” in merito ai sottosegretari “le scelte più opportune. Noi non faremo mancare il nostro sostegno, i nostri suggerimenti e consigli” ma sempre tenendo presente che si tratta di un governo di tregua la “cui nascita è conseguente alla scelta di Berlusconi di non andare allo scioglimento delle Camere ma di far nascere un governo per fronteggiare la crisi. Questa è la ragion d’essere di questo governo”. Quindi “sosterremo lealmente il suo Esecutivo, ma dobbiamo difendere il nostro orgoglio di partito”. I sottosegretari e i viceministri “saranno dei tecnici e credo che Monti chiuderà la vicenda entro pochi giorni”.
Donne. “Siamo stati un partito dalla parte delle donne, e lo abbiamo dimostrato con gli atti. Il fatto che la norma sullo stalking sia stata applicata, vuol dire che serviva, e intendiamo puntare anche per il futuro su questo tema”.
(2) – Analisi/Noi, un partito rinnovato e sempre nel segno della libertà
Di fronte all’incalzare della crisi finanziaria globale, nel mezzo della bufera degli “spread” tra il nostro Btp e il Bund tedesco, torna al centro della scena il duplice tema posto già dal Governo di centrodestra: l’emissione dei cosiddetti Eurobond e il ruolo della Banca centrale europea. Finché non sarà accettato da tutti i Paesi il principio che proprio la Banca Europea potrà funzionare come argine alle colossali ondate della speculazione internazionale solo quando verrà dotata di tutti i poteri della banca federale americana, e finché la Germania non avrà assunto un atteggiamento più positivo sui “bond” europei, sarà difficile risolvere il problema della difesa dell’euro.
Oggi quasi tutti i grandi economisti tendono a convergere verso questa posizione avanzata che molti commentatori “al di sopra delle parti” e oppositori politici giudicarono a suo tempo in maniera negativa. Considerati alla luce dei fatti odierni, quanti di questi giudizi dovranno essere rimodulati? Quanto ha influito un cieco antiberlusconismo di maniera, cieco nel senso che trascurava di vedere il quadro generale pur di chiedere le dimissioni del Governo in carica? E a quale esame di coscienza dovrebbero sottoporsi certi analisti così avventati e partigiani da arrivare a sostenere che una volta via il Governo Berlusconi via anche il problema dello “spread”? I fatti sono li a dimostrare il contrario. Ma la nostra tranquillità nelle repliche a questa palese ingiustizia conferma il senso di responsabilità che ha ispirato le scelte del Presidente Berlusconi, tutte tese a salvaguardare anzitutto il bene del Paese e il suo futuro. È lo stesso principio al quale si ispira anche il segretario Alfano che non entra affatto nelle polemiche di giornata ma punta sul futuro prossimo di un partito che è tuttora e che sicuramente resterà l’asse portante della politica italiana.
Aldilà infatti di questa fase di emergenza, tutto lascia pensare che quando l’Italia avrà finalmente superato l’allarme rosso, tornerà anche a ridare la voce agli elettori. E questi sapranno non solo fare giustizia di una serie di attacchi al Governo Berlusconi che il passare del tempo confermerà sempre più ingiustificati, ma potranno anche contare su un partito rinnovato sempre nel segno fondamentale della libertà, il segno vincente del ’94.
(3) – Ma non era questione di ore?
Ma non era questione di ore, addirittura di momenti? Tutti ricordiamo quel mercoledì 9 novembre, quando lo spread Btp-Bund bucò i 500 punti per poi arrampicarsi fino a 570. Silvio Berlusconi accettò di fare il passo indietro annunciando le dimissioni subito dopo l’approvazione della legge di stabilità, fissata a tappe serrate per il sabato successivo. Così fu. Il premier eletto la sera di sabato 12 salì al Quirinale per rimettere l’incarico in mezzo a una gazzarra organizzata dalla sinistra per festeggiare la “liberazione”. Mario Monti ricevette l’incarico in poche ore, la fiducia in due giorni e l’intero paese entrò in fibrillazione aspettando le misure d’urgenza da un minuto all’altro.
Sono passate due settimane, un tempo in fondo fisiologico per una manovra economica ma non per un’Italia che allora veniva descritta “sull’orlo del baratro”.
- Chi allora sosteneva che “non c’è un minuto da perdere” oggi, per convinzione o per opportunismo, si converte alla logica del “meglio pensarci”.
Sta di fatto che coloro che giuravano che il nuovo capo del governo si sarebbe presentato nel suo tour europeo di martedì a Bruxelles e di ieri a Strasburgo con la manovra già decisa, sono stati clamorosamente sconfessati. Né il nuovo esecutivo ha ancora nominato i vice ed i sottosegretari, nonostante il sostegno parlamentare bipartisan del quale gode, il più ampio della storia. Oggi c’è un nuovo consiglio dei ministri, ma le misure – sulle quali si sa tutto o nulla – vengono date in slittamento a dicembre.
Di fatto, Monti ha illustrato all’Europa, alla Merkel e Sarkozy la legge di stabilità del governo Berlusconi, le risposte alle domande della Ue fornite dal governo Berlusconi, il pareggio di bilancio nel 2013 del governo Berlusconi. Ieri la stessa nuova titolare del Welfare, Elsa Fornero, ha spiegato che la riforma delle pensioni “è già in grandissima parte fatta”, caso mai c’è solo bisogno di accelerare un po’. E’ la riforma del governo Berlusconi.
Nel frattempo la sinistra dà evidenti segni di inquietudine. Il Pd è spaccato tra quelli che iniziano a criticare Monti e quelli che censurano i critici di Monti, mentre il segretario Bersani non sa che pesci prendere. Il direttore di Repubblica si è fatto sfuggire un “Monti è troppo lento”. Critiche beninteso costruttive e politicamente corrette, anzi “stimoli” a SuperMario; mentre quelle del centrodestra sono senz’altro “irresponsabili”, “nostalgie del berlusconismo”, “gioco alla sfascio”.
In tutto ciò lo spread sta ancora a 500 ed oltre, mentre aumenta un altro indice del quale nessuno tiene conto, quello del costo reale dei nostri titoli di Stato, ora stabilmente oltre il 7 per cento su tutte le scadenze. Dov’è la verità? O il paese non era poi così sul baratro, oppure il problema non era e non è italiano, o non solo italiano. Né questione di chi sta a palazzo Chigi. Certo, il governo Monti, tecnico com’è, ha messo la sordina allo scontro politico. Per alcuni ha anestetizzato la politica stessa. Ora però sarà il caso di darsi una scossa. Tutti, non tanto i partiti che le misure le devono votare, quanto la gente, vorrebbe sapere che cosa li attende, quali sacrifici devono fare, di quanto devono alleggerire i loro portafogli. Dirglielo non è un optional, è un dovere.
(4) – Ma il problema non era l’Italia?
Europa: ma il problema non era l’Italia? Il summit di ieri di Strasburgo ha registrato i graditi complimenti a Mario Monti da parte di Angela Merkel e Nicolas Sarkozy. Ma è stato un fallimento su tutto il resto: cioè sulla ragione vera per la quale era stato organizzato. Che oggi è ben rappresentata su tutta la stampa internazionale, e – sfrondata da un po’ di retorica italocentrica – anche su quella italiana.
Angela Merkel ha di nuovo detto no alle vere misure per fermare l’attacco dei mercati. Che non riguardano tanto le manovre economiche dell’Italia, quanto gli strumenti da dare alla Ue, sotto forma di Eurobond, o alla Bce, sotto forma di poteri d’intervento sulla valuta unica. Gli stessi poteri esercitati due giorni fa, senza chiedere il permesso a nessuno, dalla Bundesbank che ha comprato direttamente dal governo di Berlino l’intera quota di Bund rifiutati dal mercato. Lo avesse fatto la Banca d’Italia saremmo trattati peggio della Grecia.
Sarkozy è considerato dalla stessa stampa francese il vero sconfitto del vertice, lui stesso giudicherebbe la riunione a tre un fallimento, sarebbe furibondo con la cancelliere. In tutto ciò Mario Monti ha interpretato al meglio il ruolo di terzo incomodo: la sua esperienza europea gli deve avere consigliato di togliersi dalla linea di tiro.
Tutti coloro che avevano annunciato che l’Italia era nuovamente riammessa nel governo dell’Europa sono stati sconfessati: non perché l’Italia non conti nulla, ma perché è proprio svanito il governo europeo. Lo stesso direttorio franco-tedesco sta in piedi ormai sulla forma e non sulla sostanza: finché durerà.
Il problema della Bce garante dell’euro e la questione degli Eurobond, sono gli argomenti di cui si parla. Sono le misure richieste sia dagli Usa e dalla Gran Bretagna, sia ormai da tutti i governi europei che non si chiamino Germania. Sono le stesse cose dette da Silvio Berlusconi. Allora la sinistra italiana si prodigava a spiegare che era un modo per deviare l’attenzione altrove. Ora sta venendo a galla che forse l’Italia, come oltre un anno fa la piccola Grecia, era un alibi per l’immobilismo europeo, che a sua volta serve da schermo ad interessi nazionali fin troppo evidenti.
(5) – Ma la riforma delle pensioni ora va bene?
Nel suo primo intervento pubblico, il neo ministro del Welfare, Elsa Fornero, ha candidamente ammesso che “la riforma delle pensioni è stata largamente già fatta”, e che lei si limiterà ad accelerarne i tempi. Il ministro, in risposta alle sollecitazioni a far presto giunte da Confindustria e dagli artigiani, ha citato proprio la riforma pensionistica di Berlusconi stilando l’elenco degli “elementi positivi” sui quali l’Italia può contare e precisando i cardini dell’azione dell’esecutivo: rigore finanziario, equità di interventi e crescita.
Ed è bizzarro che sia Bersani che Vendola si siano precipitati ad elogiare la Fornero per i suoi toni moderati e “per aver smussato gli ideologismi” dalla riforma pensionistica, mentre il ministro ha detto che la riforma va benissimo, e che va solo anticipata. E’ su questa accelerazione che sta ragionando il governo, che punta all’estensione del sistema contributivo pro rata per tutti (quindi dal 2012 anche per coloro che avevano più di 18 anni di contributi nel 1995 e che erano stati ”salvati” dalla riforma Dini mantenendo il più generoso sistema retributivo). E’ probabile anche un intervento per anticipare l’aumento dell’età di vecchiaia delle donne nel settore privato (al momento è previsto a partire dal 2014 per andare a regime nel 2026). Ma è sull’anzianità che si stanno concentrando i calcoli dei tecnici: la Fornero ha più volte manifestato la sua preferenza per una fascia flessibile di uscita dal lavoro uguale per tutti tra i 63 e i 70 anni con penalizzazioni per chi esce prima e vantaggi per chi va in pensione più tardi.
(6) – Pd/Se passa Fassina, governo ko
Una tempesta di un bicchier d’acqua? Le poche parole liquidatorie di Bersani sulla richiesta di dimissioni di Stefano Fassina chieste dall’area “liberal” del Pd non convincono. E soprattutto il segretario non convince quando dichiara che il suo responsabile economico esprime “la linea del partito”. Un’affermazione, quest’ultima, che ingigantisce anziché sciogliere il nodo del problema e lo proietta in direzione delle scelte del Pd sui provvedimenti che il governo Monti dovrà varare a breve (si spera) in tema di lavoro e di adesione alle richieste dell’Europa, in linea con gli impegni solennemente assunti dal governo Berlusconi. Se si trattasse di un normale dibattito tutto interno al Pd non varrebbe neppure la pena di dilungarsi e avrebbe ragione Bersani a darci un taglio.
Ma non è così. Se Fassina esprime “la linea del partito” non sarà male mettere in fila una serie di considerazioni, dichiarazioni e interviste rilasciate dal responsabile economico del partito negli ultimi tempi, prima e dopo le dimissioni di Berlusconi.
Eccole.
- “La ricetta Bce non funziona e il partito la pensa come me…di fronte a questa proposta le forze democratiche e progressiste non possono che stare dall’altra parte”.
- “Sto con la Cgil, sul ruolo primario dei contratti nazionali ha ragione”.
- “Senza allentare le politiche di bilancio l’area euro va in recessione”.
- “Non è affatto necessario che Monti arrivi a fine legislatura”.
- “E’ un punto da approfondire il passaggio di Monti dedicato ai lavoratori troppo garantiti”.
Tralasciando per buona pace le dichiarazioni contraddittorie sulla patrimoniale (prima no, ora sì) e sulla durata del governo Monti, mettiamo ora in fila i temi affrontati da Fassina e confrontiamoli con le posizioni espresse dal neo-premier nelle aule del parlamento e sulle quali ha ottenuto una larga fiducia anche da Pd.
Flessibilità del lavoro (Monti: “…allontanarci da un mercato duale dove alcuni sono fin troppo tutelati”); contrattazione (Monti: “intendiamo perseguire lo spostamento del baricentro dalla contrattazione collettiva verso i luoghi di lavoro”); le ricette della Bce (Monti: “non vediamo i vincoli europei come imposizioni”); politiche di spesa (Monti: “rigore di bilancio…”). Basta e avanza. Se Fassina ha espresso “la linea del partito”, come assicura Bersani, allora il professor Monti ha di che preoccuparsi. Se invece non è così, le rassicurazioni del segretario sono acqua fresca e un metodo pilatesco di trarsi d’impaccio. Ma così non può cavarsela. Per favore, Bersani risponda a chiare lettere, non per noi ma per il Paese e il governo, alla domanda delle domande: “Qual è la linea del partito?”. E ci scusi fin d’ora se non lo abbiamo capito.
(7) – “Chiedere alla Merkel le misure di Monti”
”Sto cercando la Merkel e Sarkozy nella mia qualita’ di parlamentare della Repubblica Italiana per vedere se posso avere in visione le misure che il Presidente del Consiglio Monti gli ha illustrato e per sapere se vanno bene, se posso votarle cosi’ o devo rapportarmi con i loro ambasciatori per eventuali emendamenti”. E’ quanto dichiara il deputato del Pdl, Guido Crosetto.
Napoli: il Parlamento viene dopo Merkel-Sarkozy
Il premier Mario Monti doveva presentare le misure economiche in parlamento e solo dopo recarsi a Strasburgo per parlarne con la cancelliera tedesca Angela Merkel e con il presidente francese Nicholas Sarkozy. E’ quanto afferma, in sintesi, il vice presidente dei deputati del PdL, Osvaldo Napoli.
”Considero una scortesia non voluta il vertice di oggi a Strasburgo durante il quale Monti ha illustrato al presidente Sarkozy e alla cancelliera Merkel le misure economiche non ancora presentate nel Parlamento italiano”, dice Napoli.
”Faccio questa osservazione perche’ Monti sia avvertito dell’estrema sensibilita’ mostrata fino a ieri dalle forze dell’ex opposizione di sinistra e di centro sempre preoccupate che il premier Berlusconi riferisse in Parlamento”, continua.
”Le misure illustrate a Sarkozy e Merkel devono essere approvate dal Parlamento italiano. Non vorrei che ci arrivino testi magari emendati oggi dai due illustri capi di Stato e di governo, ma mai eletti nel Parlamento italiano”.
Gasparri: Merkel e Sarkozy risero di noi, noi non lo faremo
“La cancelliera Merkel e il presidente Sarkozy ridevano di noi qualche settimana fa, ma oggi che anche loro rischiano di affondare, noi, che siamo persone più serie di loro, non rideremo di loro”. Lo ha detto il presidente dei senatori del Pdl, Maurizio Gasparri, presentando al Senato la rivista Destra.it.
(8) – Ieri ‘Fate presto’, oggi ‘Fate con calma’
Oggi 25 novembre, quindici giorni – ora più ora meno – dal “Fate presto”, il titolo emergenziale a caratteri cubitali con il quale il quotidiano di Confindustria dava la linea, quella del governo dei tecnici, prima che l’Italia sprofondasse nel “baratro” (Marcegaglia dixit).
Oggi 25 novembre, quattordici giorni – ora più ora meno – dalla fine del governo Berlusconi e in attesa di notizie sulle “riforme-che-portano-subito-il-paese-fuori-dalla-crisi”, troviamo in edicola un fantastico “Sole 24 Ore”, stessa carta e stessa testata, stessi caratteri e stessa prima pagina, dal rassicurante titolo “Fate con calma”. Un Sole 24 Ore farlocco, naturalmente, custodito nel Foglio, uno sberleffo di Ferrara, un elogio della lentezza in omaggio alla smemoratezza di quanti hanno riposto la bandiera del “fare presto” con la stessa velocità con la quale l’avevano orgogliosamente issata.
Il tempo, se vogliamo, non delle “riforme-da-fare-subito” ma del passo sacrificale di Berlusconi al Colle. Ché quello era il fine e quello era il problema. E poi, si sa, un quotidiano con la sua prima pagina dura una giornata e la mattina – ome si dice – è buono per incartarci il pesce. Così ogni giorno è un altro giorno per la signora Marcegaglia come per il direttore del Sole 24 Ore. Quindi dall’orribile baratro del giorno prima ci si può salvare in poche ore con un saltello o una giravolta; e l’odiato spread “che-se-dura-ancora-qualche-giorno-il-paese-crolla” può diventare anche uno scomodo ma sopportabile convivente, chissà che alla fine non ci facciamo l’abitudine; e le “riforme-da-fare-subito” possono aspettare ancora un po’; e il passo da montagna del neo-premier è un anestetico ideale per addormentare anche i mercati, per non parlare della Marcegaglia.
Se è così- e tutto lo lascia intendere- leggete con attenzione l’operazione-verità del Sole 24 ore di oggi. Ma attenti alle imitazioni: leggete quello autentico, quello di Ferrara.
(9) – “Il palleggio tra Pm che salvò De Benedetti”
È in libreria “Tangentopoli”, di Tiziana Maiolo.
Ripercorre la storia di “Mani Pulite”;
ecco alcuni stralci del capitolo sul caso-Carlo De Benedetti
Chi invece riuscì pienamente a trattare con i magistrati milanesi fu l’ingegner Carlo De Benedetti, che un bel giorno si presentò a un incontro concordato, raccontò la sua e tornò a casa con le sue gambe. Corse qualche rischio per la sua libertà invece al Palazzo di giustizia di Roma, dove non vigeva il «rito ambrosiano» e dove fu arrestato per un giorno, nello stupore dei suoi avvocati, che trovarono nella capitale due magistrati (non a caso due donne) poco inclini alla trattativa alla milanese.
Il che può apparire stupefacente, vista la pessima immagine del tribunale di Roma, da sempre chiamato «porto delle nebbie», e la cui reputazione fu strumentalmente usata dai magistrati del pool ogni volta che si profilava un conflitto di competenza tra Milano e la capitale. (…)
Il 30 aprile 1993 l’ingegner De Benedetti dichiara a la Repubblica, quotidiano con cui aveva qualche confidenza, di «non aver mai corrisposto finanziamenti ai partiti politici o a entità a essi collegate». Ma il Corriere della Sera del 17 maggio scriverà che «L’Ingegnere ha incontrato i giudici consegnando loro un memoriale sulle tangenti pagate dalla Olivetti». Stranamente due giorni dopo, il 19 maggio, esce una dichiarazione sul Wall Street Journal in cui l’uomo di Ivrea afferma con sincerità: «Se dovessi rifare tutto di nuovo lo rifarei: pagherei le tangenti ai politici per ottenere le commesse pubbliche». Il re della coerenza. La voce circolava in quei giorni.
E De Benedetti aveva buoni avvocati e buoni orecchi. Così mise insieme un dossier e il 16 maggio 1993, di domenica, lontano da occhi indiscreti, nella caserma dei carabinieri di via Moscova a Milano, si incontrò con i pubblici ministeri Di Pietro, Colombo e Jelo. (…)
De Benedetti conosce bene la lezione, e racconta di esser stato sistematicamente concusso dalle Poste italiane e dai partiti di governo. Ha speso in tutto tra i 15 e i 20 miliardi di lire, di cui 10 miliardi e 24 milioni solo alle Poste. La frase che detterà alle agenzie sembra fotocopiata dallo schema fisso gradito alla Procura: «In Italia negli ultimi quindici anni c’è stato un regime politico che ha prevaricato e taglieggiato l’economia. Grazie all’opera di pulizia fatta dai giudici è diventato possibile sconfiggere la tangentocrazia». Due giorni dopo, forse pensando, giustamente, che i magistrati non leggano la stampa estera, dirà al Wall Street Journal che l’avrebbe rifatto.
Nessuno glielo contesterà, nessuno dei suoi collaboratori verrà indagato e nei suoi confronti non verrà richiesta nessuna rogatoria estera. (…)
A Roma Carlo De Benedetti ha a che fare con due donne magistrato piuttosto agguerrite, la pm Maria Cordova e la gip Augusta Iannini. Giovanni Maria Flick, che sarà in seguito il ministro alla Giustizia del primo governo Prodi nel 1996, è il difensore di De Benedetti ed è sconcertato davanti a una richiesta di arresto che a Milano non c’è mai stata. Ma il Palazzo di giustizia di Roma, nonostante la cattiva fama, è più «normale». Come dirà ai giornalisti la gip Augusta Iannini: «Per me, la legge è uguale per tutti. L’ingegner Carlo De Benedetti è uguale al signor Mario Rossi, al signor Paolo Bianchi. E se i signori Mario Rossi o Paolo Bianchi fossero accusati degli stessi fatti contestati nell’ordine di custodia cautelare all’ingegner Carlo De Benedetti, sarebbero stati arrestati».
La situazione è imbarazzante per il presidente dell’Olivetti, che riteneva di aver pagato pegno a Milano, dove è solo indagato, e invece si ritrova con un mandato di cattura a Roma per lo stesso reato. La verità, a quanto pare, è che a Milano si sarebbero accontentati del memoriale e non hanno approfondito lo scandalo di tutte quelle apparecchiature obsolete, stampanti e telescriventi, vendute dall’Olivetti al ministero delle Poste, costate parecchio, mentre dieci miliardi di lire finivano in tangenti. Naturalmente nel memoriale De Benedetti scriveva che queste tangenti gli erano state «estorte», ma questo è quel che dicevano tutti gli imprenditori.
Se Milano si era accontentata, i magistrati romani erano piuttosto seccati, avevano raccolto una gran quantità di documenti e avevano cominciato a fare due conti. Si era creato anche un piccolo incidente diplomatico interno al Palazzo di giustizia, perché il procuratore capo Mele si era molto irritato nello scoprire che la dottoressa Cordova, sua sostituta, aveva chiesto la misura cautelare per De Benedetti senza consultarlo. Ne seguì un parapiglia di dichiarazioni, in cui si inserì anche il pm milanese Gherardo Colombo, e che alla fine giovò al presidente della Olivetti, che fu «un pochino» arrestato per un giorno e anche in seguito, tra archiviazioni e reati caduti in prescrizione, se la cavò.
* da Il Giornale
(10) – “Silvio aveva centrato la questione”
Dai giornali di oggi, venerdì 25 novembre
Il Foglio (Salvatore Merlo) – …Il Cavaliere si tiene alla larga, gioca a fare il padre nobile, mentre il segretario in queste ore prepara il campo per le prevedibili difficoltà cui il PdL andrà incontro nel corso della “cura” Mario Monti: come sostenere il governo che ripristinerà I’Ici e farà la patrimoniale? Come sciogliere la contraddizione di un partito nato per incarnare il bipolarismo maggioritario che si trova imbrigliato in uno schema di grande coalizione, di maggioranza tripartita?…
Italia Oggi (Marco Bertoncini) – Alla fretta che i mercati e gli stessi giornali nostrani (quelli che prima encomiavano Mario Monti con toni da far impallidire il ricordo dei quotidiani sotto Stalin) pretenderebbero dal governo, corrisponde una cautela che segnala le difficoltà esistenti…
Il Secolo d’Italia (Marcello De Angelis) – Quindi il problema era che il signor B. ci aveva fatto perdere la dignità nazionale e ci faceva fare brutta figura con le sue barzellette. Bene. Alla dignità e all`orgoglio nazionale ci teniamo ovviamente tutti. E i giornaloni nazionali ci hanno sempre detto che in realtà la rispettabilità del Bel Paese era salva grazie allo ieratico Napolitano. Ma, a dire il vero, non ci hanno granché convinto…
Il Tempo – Ma quello che è più interessante è che, dopo mesi in cui il principale quotidiano economico del Regno Unito, (il Financial Times, N.d.r.) ha attaccato il Cav, ora gli riconosce l`onore delle armi: Berlusconi – scrive Barber – non si è mai stancato di ripetere che la sinistra non rappresentava un`alternativa credibile al suo governo. Lasciando da parte i giudizi negativi sulla sua coalizione nei suoi giorni morenti, resta il fatto che aveva centrato la questione.
Il Foglio – …Certo era più facile baloccarsi con l’idea ridicola che bastava che Berlusconi uscisse da Palazzo Chigi per annullare il differenziale tra i bund tedeschi e i titoli di stato italiani, che la fiducia dei mercati sarebbe resuscitata e che quindi non era necessario nessun intervento radicale su pensioni e mercato del lavoro. Questo lo ha scritto Fassina, ma lo hanno approvato tutti, per rinviare le scelte dure che la situazione impone. Oggi la realtà presenta il conto…
Libero (SA.DA.) – …Silvio? Invita tutti alla calma. Fa presente che, durante il vertice a tre con Merkel e Sarkozy, Monti si è limitato entro il perimetro della lettera all’Ue spedita dal suo governo: «La cancelliera tedesca ha parlato di misure impressionanti. Bah… Al momento a me sembra che non ci sia nulla di nuovo. Aspettiamo» … Il Cavaliere assapora anche la leggerezza di non avere più responsabilità di governo divenute insostenibili nelle ultime settimane: «Ora sto bene», confida, gioiendo nel constatare che la morsa dei media s’è attenuata: «Adesso i giornali mi attaccano di meno» …
Il Giornale (Fabrizio de Feo) – Primarie a tutti i livelli, congresso in primavera e, forse, anche un nuovo nome per il partito. Angelino Alfano riunisce nella sede a via dell’Umiltà i coordinatori regionali. Un’occasione per fare il punto con chi ha il polso del territorio e ribadire che il sostegno al governo non è un impegno scritto sull’acqua ma un patto sottoscritto con lealtà e responsabilità. Un’apertura di credito che non deve essere interpretata come un’archiviazione dell’orgoglio di partito, come la concessione di una cambiale in bianco o la sottoscrizione di nuove alleanze. «Non c’è maggioranza politica, quindi non c’è bisogno di vertici di maggioranza. Si tratta di un governo di tregua e di emergenza nazionale». Il segretario del Pdl, naturalmente, continua nella difficile missione di ricompattare il partito, attraversato ancora da tanti mal di pancia. L’obiettivo è quello di ricostruire, in un clima politico meno avvelenato, un centrodestra che mantenga l’asse strategico con la Lega ma recuperi anche l’alleanza con l’Udc…
Corriere della Sera (Ernesto Galli della Loggia) – I governi tecnici non esistono. E dunque anche il governo Monti è, come tutti i governi, un governo politico. Ma a giudicare da questi primi giorni sembra che il primo a doversene convincere sia, paradossalmente, il governo stesso. Il quale, se crede nel senso della propria esistenza, deve al più presto, invece, porsi un obiettivo: acquisire – visto che un`identità politica di partenza gli manca – un`immagine politica…
Italia Oggi (Massimo Tosti) – Ricordiamo tutti la fretta con la quale il governo Berlusconi fu costretto (nel mese di agosto) a sfornare una manovra dopo l`altra nel tentativo di arginare la crisi. Si diceva allora (ed era il Quirinale, con il metronomo in mano, a dettare i ritmi dell`urgenza) che ogni giorno (macché giorno: ogni minuto, ogni secondo, ogni battito delle ali di una farfalla, il tempo necessario ai neutrini per fare il percorso andata e ritorno fra Ginevra e il Gran Sasso) perso ci avrebbe condotto fatalmente alla bancarotta … Poi il flemmatico Mario Monti ha resettato il meccanismo, adattandolo ai sistemi della Bocconi e ai convivi di Cernobbio … La rapidità di intervento, nelle situazioni di crisi grave, non è una variabile indipendente: è una delle condizioni per garantirne l`efficacia. I titoli accademici del professor Montie dei ministri da lui designati tranquillizzano tutti riguardo alla congruità delle misure che adotteranno … Ma l`emergenza, in certi casi, suggerisce di consegnare la «brutta», se non c`è il tempo per riscrivere tutto in bella grafia, svolazzi compresi…
Le Monde: Sarkozy irritato, Strasburgo un fallimento
Nicolas Sarkozy ”e’ particolarmente irritato dopo il fallimento del summit con Monti e Merkel” di oggi a Strasburgo: lo scrive Arnaud Leparmentier, giornalista di Le Monde che segue l’Eliseo.
I tre leader – scrive – ”hanno deciso di non parlare della Bce. Ufficialmente, per rispettarne l’indipendenza, in realta’, perche’ sono in disaccordo totale sul ruolo che deve assumere l’organismo per salvare l’euro”.
Sarkozy, spiega ancora Leparmentier, vuole che la Bce ”voli in soccorso degli Stati in fallimento. Monti non vuole, ma difende l’idea di avere gli eurobond per ripartire il rischio finanziario in Europa. Merkel non vuole cedere sulla Bce ne’ accettare gli eurobond, accusati di azzerare le pressioni dei mercati sui Paesi meno virtuosi”.
Le Monde ricorda anche che a Strasburgo la Merkel ha esaltato la politica Ue ”della concorrenza, facendo cosi’ grande piacere a Monti, ex commissario alla concorrenza, ma anche grande fastidio a Sarkozy, che detesta questa politica della concorrenza e vuole ridare potere ai politici”.