(1) – Berlusconi: Bersani si è preso tutto
Siamo due punti e mezzo sopra il Pd
Bersani? Ha occupato tutto, ora vuole l’incarico da premier perche’ sa di poter contare del sostegno dei Movimento 5 stelle. Monti? si e’ offerto per il Colle, e’ stato respinto con risate… I grillini? Hanno dimostrato di essere di estrema sinistra. Grasso? E’ andato un pm al Senato contro la volonta’ del 37% dei cittadini preoccupati dalla magistrocrazia. Silvio Berlusconi all’assemblea del gruppo Pdl alla Camera, apre i lavori proponendo Renato Brunetta come capogruppo e poi polemizza contro montiani, Pd e 5stelle.
L’ex premier annuncia la linea d’attacco per le prossime mosse politiche: invoca piu’ volte la piazza, in vista della manifestazione in piazza del Popolo del 23 marzo e annuncia di essere disponibile a un intervento al giorno in Parlamento, nelle piazze e ovunque per cambiare i metodi di questi politicanti di sinistra che da 70 anni non cambiano.
Berlusconi immagina una prospettiva negativa e cioè che Bersani otterrà l’incarico di formare il governo da Napolitano, anche se non ha la maggioranza perché si appoggerà ai voti dei grillini e dei montiani. E, se sarà necessario, esorta quindi un impegno parlamentare superiore alle altre legislature.
Riporta infine gli ultimi sondaggi che danno oggi il Pdl a 2,5 punti sopra il Pd.
“La gravità della crisi economica
sfugge alle forze politiche di sinistra”
“La gravita’ della crisi economica in cui versa l’Italia sfugge purtroppo alla maggioranza delle forze politiche, impegnate in un balletto di dichiarazioni irreali, di mosse e contromosse opportunistiche, di tatticismi irresponsabili”. Lo afferma in una nota Silvio Berlusconi.
“Tutto questo – riprende – avviene mentre milioni di italiani soffrono sempre di piu’ i morsi della crisi economica, con migliaia di aziende grandi e piccole costrette a chiudere i battenti, con le famiglie che sempre di piu’ soffrono dell’impossibilita’ di far quadrare i conti, con la percezione crescente da parte di tutti di un impoverimento che ci attanaglia e che deprime la nostra speranza nel futuro”.
“Di fronte alla drammaticita’ della crisi economica e all’urgenza che s’insedi un governo capace di assumere immediatamente provvedimenti efficaci, il Pd – accusa Berlusconi – rovescia sul Paese i propri ritardi, la propria invidia sociale, il proprio odio verso chi ha di piu’, tutte le proprie contraddizioni inseguendo esplicitamente un accordo di governo con il movimento di Grillo”.
“Indifferente ai contenuti del programma economico del Movimento Cinque Stelle, il Pd di Bersani antepone, come sempre, i propri interessi di partito a quelli del Paese”, dice ancora il leader Pdl.
“Anche se la prospettiva perseguita da Bersani non approdera’ a nulla, o mettera’ seriamente a rischio gli interessi dell’Italia, si continua a ignorare la realta’ dell’Italia e i numeri emersi dalle recenti elezioni politiche. In questo quadro davvero sconfortante – riprende – essendo stata respinta irresponsabilmente dal Pd la nostra ripetuta disponibilita’ a farci carico delle responsabilita’ di garantire un governo al Paese, noi ci chiamiamo fuori da ogni trattativa di spartizione delle principali cariche istituzionali”.
“Ci auguriamo solo – conclude – che l’elezione del prossimo Presidente della Repubblica non avvenga nello spirito di occupazione di tutte le istituzioni democratiche, cosi’ come avvenne dopo le elezioni del 2006”.
(2) – Alfano: da noi proposte responsabili
“Sono stupito di come Grillo ed i grillini, alla prima occasione di voto, abbiano dimostrato che non possono tenere fede alle promesse fatte al Paese: hanno utilizzato il voto segreto e fatto eleggere il candidato della sinistra con i loro 15 voti, tradendo tutte le loro promesse elettorali e con una scelta platealmente in contraddizione con ciò che avevano detto al popolo”. Lo dice il segretario del Pdl Angelino Alfano a In Mezz’ora su Rai 3. “Grillo – prosegue – dovrebbe ammettere che 15 dei suoi lo hanno già abbandonato. O vengono allo scoperto e vanno con Bersani, o Bersani non ha i numeri per fare il governo. La reazione di Grillo certifica che Berlusconi aveva ragione: non hanno ubbidito ai suoi ordini. Non abbiamo nulla in comune con Grillo, la nostra opposizione è fatta su proposte concrete”.
Alfano affronta il tema della successione di Napolitano: “agevolerebbe anche la nascita del governo Bersani il fatto che la sinistra si renda conto dell’esigenza di rappresentanza del popolo dei moderati al Quirinale. La rappresentanza istituzionale del popolo dei moderati al Colle e la questione della crisi: sono queste le due questioni che noi porremmo a Bersani. Se si vuole dare al Paese senso di unità la presidenza della Repubblica deve andare ad un uomo del centrodestra: noi non abbiamo malattie”. E rispondendo all’Annunziata che gli chiede se sia possibile un reincarico all’attuale Presidente: “non mi faccia dire cose che riguardano Napolitano, perché lui si è già sottratto e noi non siamo dell’idea che occorra continuare con accanimento a chiederglielo. Già lo hanno tirato per la giacca e anche maluccio. In questi giorni abbiamo avuto la sensazione che Monti si stesse proponendo per tutti gli incarichi. Lui si è fatto nominare senatore a vita, poi presidente del Consiglio, poi si è candidato presidente del Senato. Per varie intermediazioni è venuta fuori l’ipotesi che avesse ambizione di andare al Quirinale”. Ha anche chiesto al Pdl di essere eletto al Colle? “In qualche misura sì”.
E sul prossimo esecutivo: “in un Paese normale dovrebbero collaborare i due più grandi partiti per il governo, come è accaduto in Germania”. Infatti, “i numeri certificano che con quelle cifre Bersani non può ottenere alcun incarico di formare il nuovo esecutivo, essendo platealmente senza maggioranza al Senato. Non abbiamo ritenuto la giornata di ieri nera per noi, perché non è stata una giornata di successo per la sinistra, che alla Camera ha 340 parlamentari e alla prima prova ha perso oltre 20 voti, anche se era naturale che vincesse. Ma al Senato, nonostante l’apporto di 15 grillini, la sinistra ha avuto 137 voti: sono lontanissimi da avere maggioranza. Il risultato di ieri certifica l’assenza di maggioranza per la sinistra”. Parlando dei nuovi presidenti del Parlamento, in particolare, Alfano sottolinea che Pietro Grasso “è espressione di una sinistra che ha voluto mettere un pubblico ministero a capo del Senato. Noi non abbiamo una simile visione di queste cose. A Palazzo Madama loro hanno schierato un pm in pensione, noi invece un presidente del Senato che ha bene onorato le istituzioni repubblicane. Il Pd ha vinto il primo round con un risultato non sufficiente”.
Sul piano personale, Alfano esprime un giudizio positivo sul nuovo presidente: “su Pietro Grasso ho un giudizio viziato in positivo anche da un rapporto personale. Anche lui lo ha riconosciuto nel reciproco. Ha avuto l’onestà intellettuale di riconoscere che il governo Berlusconi ha fatto un’azione di contrasto alla mafia non fondato sulle chiacchiere”. Per quanto riguarda la Camera, invece, “che Laura Boldrini abbia avuto una celebrazione del suo discorso è abbastanza fisiologico. Chi viene eletto alla presidenza di Montecitorio gode della grazia di stato”. Ma il suo è stato un “discorso tipico della sinistra italiana, un discorso molto piatto e melenso, che è stato il massimo della vecchia retorica di sinistra e di una demagogia esasperata”. Infine, un duro botta e risposta con la conduttrice che apostrofa gli esponenti del PdL come “impresentabili”. Alfano risponde: “con quale autorità si permette di dire questo a chi ha ottenuto così tanti voti dagli italiani? Lei ha detto una cosa pesante ma soprattutto ingiusta. Voi della sinistra avete disprezzo per il popolo italiano, perché non si insulta così chi ha preso tanti voti dal popolo italiano”.
Cicchitto: al Paese servono larghe intese no insulti
”Serve un governo di larghe intese senza pregiudiziali su chi lo debba presiedere” ma certo ”se poi si sostiene che nove milioni di voti sono di cittadini impresentabili salta tutto”. Lo afferma in una intervista al Messaggero Fabrizio Cicchitto, sottolineando che ”se non c’e’ un bilanciamento del quadro istituzionale si rischia una situazione insostenibile ed elezioni anticipate a breve”.
”Alfano – spiega – si e’ spinto fino al limite estremo: se il presidente del Consiglio incaricato e’ Bersani, al Colle deve andare un presidente della Repubblica di area centrodestra”. Ma, aggiunge, ”viceversa, se vi fossero soluzioni piu’ sfumate sul governo, si possono studiare soluzioni piu’ sfumate anche per il Quirinale”.
In ogni caso, per l’esponente del Pdl, ”serve una figura super partes e, se toccasse al centrodestra, la scelta cadrebbe su una personalita’ di alto livello, ma non certo di prima linea e di scontro frontale con il centrosinistra”.
(3) – “Impresentabile è questa sinistra”
Anna Maria Bernini – “Noi del Pdl non saremmo mai così faziosi da non riconoscere libertà di manifestare opinioni e di critica anche a chi pure oggi ce la negava. Ma per una giornalista della qualità e dell’esperienza di Lucia Annunziata, la linea di confine tra diritto di critica e libertà di insulto non può essere evanescente, ma deve essere netta e mai superata. Ci auguriamo che la definizione di impresentabili attribuita al centrodestra, possa essere archiviata come una inspiegabile caduta di stile. Altrimenti sarebbe un’offesa grave e virale, da moltiplicare per nove milioni di italiani, peraltro lanciata in un contesto di servizio pubblico alimentato dal canone di tutti i contribuenti, anche di quelli di centrodestra”.
Daniele Capezzone – “Ha fatto molto bene Angelino Alfano a difendere con determinazione il Pdl e alcuni milioni di elettori, che nessuno può permettersi di trattare come figli di un dio minore. Lucia Annunziata si è resa protagonista di un grave infortunio, reso ancora più pesante dal fatto che la Rai dovrebbe essere un servizio pubblico, e non uno sfogatoio per tifoserie politiche contrapposte”.
Fabrizio Cicchitto – “Alfano ha difeso con orgoglio la dignità dei parlamentari che fino a prova contraria sono liberi di manifestare così come tutti gli altri cittadini, a maggior ragione se si tratta di diritti di libertà e per contrastare una indegna manovra liberticida contro Berlusconi. Ci dispiace davvero che Lucia Annunziata, oltre ad essere una ottima giornalista, non dimentichi mai di essere anche una militante politica”.
Raffaele Fitto – “Lucia Annunziata ha sbagliato due volte: la prima in trasmissione e la seconda quando, pur avendo di fatto ammesso l’errore, ha perso un’occasione per chiedere scusa. Avrebbe potuto porre rimedio, invece ha ribadito il suo convincimento del tutto personale della presunta ‘impresentabilità’ del Pdl, continuando cosi ad offendere milioni di italiani che tramite la nostra classe dirigente pienamente legittimata dal voto, che a lei piaccia o no, hanno tutto il diritto di essere rappresentati nelle Istituzioni e, quindi, anche al Quirinale”.
Mariastella Gelmini – “Un giornalista politico ha tutto il diritto di esprimere le proprie opinioni, però dovrebbe fermarsi un attimo prima dell’insulto. Considerare impresentabili militanti dirigenti parlamentari del Pdl perché‚ colpevoli di manifestazione a Milano sarebbe ridicolo se non attraversassimo una fase tragica del nostro Paese. Bene ha fatto Alfano a reagire con vigore ad una provocazione che probabilmente aveva lo scopo di fargli perdere le staffe”.
Maurizio Lupi – “Le inaccettabili parole pronunciate oggi da Lucia Annunziata sul Pdl mostrano chiaramente l’arroganza di una certa sinistra che pensa, dall’alto di una presunta superiorità morale, di poter giudicare tutto e tutti. È la stessa idea che spinge Pier Luigi Bersani ad occupare tutte le poltrone disponibili senza cercare alcun confronto con il centrodestra che pure è stato votato da dieci milioni di italiani. Ben ha fatto il segretario Angelino Alfano a reagire con fermezza e ben fa il Pdl a ribellarsi a questo atteggiamento miope che ha un unico esito: portare il paese alla rovina. In questo momento, infatti, l’Italia non ha bisogno di egoismi, ma di condivisione”.
Ignazio La Russa – “Quello che anche oggi si è manifestato dalla Annunziata è razzismo ideologico. Se invece di una trasmissione politica si fosse trattato di una partita di calcio la Annunziata avrebbe dovuto scontare due trasmissioni a ‘porte chiuse’”.
Beatrice Lorenzin – “Fa bene Alfano a tenere alta la bandiera politica e culturale del PdL di fronte al giornalismo militante che va in onda sul servizio pubblico. Dietro il giudizio dell’Annunziata si cela il pregiudizio della sinistra italiana che da sempre si ritiene l’unica legittimata, moralmente e politicamente, a guidare il popolo italiano”.
Maurizio Gasparri – “Siamo indignati per gli insulti di Lucia Annunziata che con le sue parole ha offeso milioni di elettori del Pdl. Bene ha fatto il nostro segretario Alfano a difendere con determinazione le posizioni del Pdl in difesa della giustizia e della democrazia quanto alla Annunziata, si è resa protagonista di una pessima pagina di giornalismo. Non solo l’Ordine professionale, ma anche i vertici del Servizio pubblico dovrebbero intervenire per stigmatizzarne l’atteggiamento”.
Giorgio Lainati – “Lucia Annunziata si permette, da conduttore di un programma della tv pubblica pagata da 16 milioni di abbonati, di insultare il segretario del Pdl Angelino Alfano e milioni di elettori italiani. Credendosi da sempre una predestinata alla missione di tutela dell’etica pubblica, usa il suo potere per abbattere mediaticamente i politici avversari della sinistra. Non contenta di aver collezionato negli anni il record mondiale di faziosità per aver ospitato a ‘In mezz’ora’, in netta maggioranza esponenti della sinistra politico-culturale con rarissime presenze di moderati, l’Annunziata è arrivata al punto di fare comizi politici a nome della sinistra a campagna elettorale finita”.
Daniela Santanché – “È Lucia Annunziata ad essere ‘impresentabile’. Bene ha fatto Alfano a reagire con rigore all’attacco di Lucia Annunziata che ha cercato di gettare discredito sul Pdl, sui parlamentari e sul gruppo dirigente del nostro partito. Durante la trasmissione ‘In mezz’ora’ si è verificato il classico caso del bue che dà del cornuto all’asino. Lucia Annunziata, solitamente buona professionista, oggi non ha saputo resistere alla tentazione di dare giudizi politici e anziché informare come dovrebbe e come richiede il servizio pubblico Rai, cede alla propaganda: non è impresentabile dunque chi va a manifestare contro una persecuzione giudiziaria ai danni del proprio leader, ma chi stigmatizza una libera manifestazione come impresentabile”.
(4) – Bersani gioca sulla pelle del Paese
La sinistra sta giocando sulla pelle del Paese. La partita di Pier Luigi Bersani è tattica-politichese allo stato puro, con l’obiettivo di strappare dal Capo dello Stato un mandato pieno a formare il governo e, allo stesso tempo, di salvare la poltrona di segretario. Il capo dei Democratici dimentica, o finge di dimenticare, che rappresenta una minoranza, che non ha affatto vinto le elezioni e che solo il tanto vituperato (in altri tempi) Porcellum gli ha consentito di raggranellare 340 seggi alla Camera. Nonostante tutto ciò sia evidente, e nonostante il Quirinale dal 25 febbraio non abbia fatto altro che appellarsi alla responsabilità di tutti e alla necessità di dare all’Italia un governo che agisca nel segno dell’emergenza, con pochi punti precisi, e che non divida ma unifichi, Bersani ha imboccato la strada opposta.
Ha imposto i presidenti di Camera e Senato, scegliendo per Montecitorio (dove i numeri li aveva, grazie appunto al Porcellum) una personalità di estrema sinistra presentata al solito come esponente della società civile, mentre a palazzo Madama ha strumentalizzato il buon nome dell’ex procuratore antimafia per accalappiare qualche voto di grillini. Forte di tutto questo, intende presentare a Giorgio Napolitano un governo basato sui suoi otto punti e 40 paragrafi, che non contengono nulla di ciò di cui avrebbe bisogno l’economia, il lavoro, la produzione, la nostra presenza negoziale in Europa. Un governo, soprattutto, che nasce senza numeri, senza maggioranza in Senato, dove il segretario Pd intende però “fare scouting”, un azzardo allo stato puro.
Contemporaneamente Bersani mira a ripetere l’operazione per il Quirinale, dal quale prima ha cercato di sfrattare anzitempo Napolitano e dove ora vuole piazzare per l’ennesima volta un esponente della sinistra. A noi che rappresentiamo solo 120 mila voti in meno di lui, e che da settimane gli offriamo la disponibilità a condividere responsabilmente un esecutivo tecnico o politico per il bene di tutti, oppure di prendere atto che non è possibile e altrettanto responsabilmente tornare al più presto alle urne, per dare all’Italia quella maggioranza stabile che oggi non ha, Bersani ripropone la vecchia e peggiore pregiudiziale antiberlusconiana: “Mai con il Pdl”. Il suo gioco è chiaro: tutto il possibile per salvare se stesso, e se l’Italia affonda non importa. Tanto peggio, tanto meglio.
(5) – E imbocca la via dell’avventurismo
Il Pd, dopo il blitz di sabato alla Camere, continua nell’operazione di arroccamento a sinistra e respinge ogni dialogo sia sul fronte del nuovo governo che su quello del Quirinale. Per Alfano l’elezione di un moderato al Colle potrebbe facilitare la nascita di un governo Bersani; i democratici rispondono senza mezzi termini che “per scambi indecenti qui non c’è recapito”. Bersani, dunque, prosegue nella strategia del suicidio politico e chiude a qualsiasi ipotesi diversa dal suo governo di minoranza: “Serve cambiamento”, continua a ripetere, non rendendosi evidentemente conto che il cambiamento non può essere lui, vecchio comunista e leninista, né a promuoverlo né a guidarlo. Illuso dall’esito positivo della cosiddetta mossa del cavallo delle candidature Boldrini-Grasso alle presidenze delle Camere, il segretario democratico pare determinato a continuare su quella strada, contando di poter lucrare sulle divisioni nel Movimento Cinque stelle.
E’ proprio in questa chiave che sta immaginando anche un eventuale governo, e si presenterà al Quirinale chiedendo un mandato pieno, e non esplorativo. L’idea è quella di ripetere lo schema delle Camere, ideando un esecutivo con molti volti nuovi e su scelte “dirompenti”, ed è immaginabile che giocherà in questo modo anche la partita del Quirinale, magari contrapponendo a un eventuale nome proposto dal Pdl uno al quale i grillini fatichino a dire di no, come è accaduto al Senato con Grasso. E a Napolitano Bersani dirà che in questo momento non funzionerebbero accordi politici preventivi, ma “va chiesto alle forze politiche di sostenere un programma di cambiamento sui punti che la gente percepisce come più urgenti”. Tutti punti, ovviamente, graditi ai grillini e in netto contrasto con le esigenze e gli interessi del Paese.
La strada è quella dell’avventurismo, ma Bersani è intenzionato a percorrerla fino in fondo, perché potrebbe venirgli comunque buona anche in caso di elezioni a giugno, alle quali il Pd potrebbe andare mostrando di averle tentate tutte per un vero cambiamento di rotta del Paese. Peccato per lui, c’è un però grande come una casa, anzi come un Colle.
Il pallino, infatti, ora passa in mano al capo dello Stato. Il quale giusto ieri ha invitato tutti a evitare le divisioni e a ritrovare il senso dell’unità senza dividerci in fazioni contrapposte su tutto, senza perdere spirito costruttivo e senso di responsabilità. Quel senso di responsabilità che sta mettendo in campo il Pdl, e solo il Pdl.
A sinistra la compravendita dei voti non è reato
Pier Luigi Bersani lo aveva detto fin da subito e ieri lo ha confermato: “Farò scouting tra i grillini”. In altri termini quella che per il centrodestra è un’illecita compravendita di voti – la vicenda De Gregorio è lì a dimostrarlo – per la sinistra è un’operazione politica altamente meritoria, e tutta all’insegna della “buona politica” e del “nuovo”.
Ma ciò che Bersani teorizza non è uno o due singoli passaggi da uno schieramento all’altro: no, il segretario democratico intende reclutare quasi un intero partito. Solo al Senato però, dove non ha i numeri. Alla Camera la nuova politica può attendere. Lo “scouting” bersaniano poi si basa sulle proposte, non sulle persone: ci mancherebbe. Peccato che abbia incaricato alla bisogna la consueta pattuglia di plenipotenziari con ampi margini di trattativa. E che pattuglia: nientemeno che Laura Puppato e Luigi Zanda. L’operazione è moralmente sdoganata dal doppio appello di Repubblica: quello del solito Saviano (“Facciamolo!), cui ieri Eugenio Scalfari ha aggiunto la sua preziosa testimonianza, “documentando” che un giovane deputato 5 Stelle “che è venuto a salutarmi in sala lettura a Montecitorio”, si è formato fin da bambino leggendo i suoi scritti. E’ un metodo di indottrinamento da una parte, da “utili idioti” di togliattiana memoria dall’altra, che di per sé farebbe anche ridere. Il problema è che da ridere c’è ben poco: per il Paese in questa situazione, e per una sinistra che torna alle peggiori pratiche del Pci.
* * *
D’Alessandro: inquietante la giustizia a due velocità
”E’ davvero inquietante come la giustizia marci a due distinte velocita’ ”, dice il deputato del Pdl Luca D’Alessandro, a proposito delle inchieste di Siena su Mps e di Napoli sull’ipotesi di compravendita di senatori. ”Da una parte – afferma – un giudice dimentica di interrogare Gianluca Baldassarri, ex capo dell’area finanzia di Monte dei Paschi di Siena, finito in carcere per l’inchiesta Mps e per questa smemoratezza tornato in liberta’, malgrado egli sia possibile custode di molti segreti che riguardano il Pd, cioe’ il padrino e gestore politico della banda senese finita nello scandalo. Dall’altra, Valter Lavitola, e’ rinchiuso in un carcere da dieci mesi ed e’ destinato a restare in cella fino a quando non dichiarera’ il falso nei confronti di Silvio Berlusconi, come ha appena fatto l’ex senatore De Gregorio che per questo ha ottenuto in premio la detenzione domiciliare. Questa non e’ giustizia e’ una guerra civile a colpi di manette. Da una parte c’e’ un sostanziale insabbiamento, dall’altra sistematici e scandalosi abusi dei quali Lucia Annunziata non sembra accorgersi, presa com’e’ a dare degli ‘impresentabili’ ad esponenti politici e a un grande popolo di centrodestra che ad oggi fin troppo poco ha reagito conto questo abominio”.
(6) – L’Italia affonda e il Pd pensa solo alle poltrone
Bersani e la sinistra pensano alle poltrone, inseguono i grillini, scivolano verso l’estremismo, ma continuano a ignorare i veri problemi dell’Italia. La pubblica amministrazione ha 70 miliardi di debiti verso le imprese. Ma in questi giorni di autocelebrazioni per l’ambo di Camera e Senato, è inutile aspettarsi un’indicazione dalla sinistra, meno che mai un impegno. Vale lo stesso per il preoccupante grido di allarme di Confesercenti che ha fatto il conto dei primi due mesi dell’anno: hanno chiuso 167 negozi al giorno, quasi 10mila imprese commerciali, se continua così sarà un’ecatombe di 60mila imprese a fine 2013. Ma anche il nuovo record di debito pubblico, che ha toccato i 2.022 miliardi (+140 miliardi nei 14 mesi del governo Monti), dovrebbe aiutare a capire che il tempo stringe, che occorrono interventi rapidi per l’economia: il PdL, non a caso, nei suoi impegni di governo aveva inserito una raffica di primi provvedimenti per ridare fiato a famiglie e imprese. Una necessità data dalla progressiva accelerazione dell’emergenza economica accentuata dall’entrata a regime dei provvedimenti del governo dei tecnici. E’ come una palla di neve che si fa valanga: se non vi si pone rimedio, quest’anno cittadini e imprese avranno un salasso ulteriore di circa 10 miliardi. Parte di queste tasse le stiamo già pagando, le altre sono in arrivo.
La stretta fiscale già in vigore dal primo gennaio con l’aumento della tassazione sul risparmio, il giro di vite sulla deducibilità delle auto aziendali, il taglio della deduzione sui canoni di affitto, vale circa 4 miliardi. Laddove il carico fiscale più pesante si è abbattuto sul risparmio con subdoli aumenti di bolli che colpiscono pesantemente i conti correnti e con la Tobin Tax che raccoglierà gettito dai piccoli investitori più che dalla grande speculazione.
Lo Stato si mangerà altri cinque miliardi con l’aumento cumulato di un punto dell’aliquota ordinaria Iva, l’incremento dell’Imu sui fabbricati produttivi e infine il debutto della Tares, la nuova imposta sui rifiuti (e i servizi). L’aumento dell’Iva è destinato a dare un colpo letale al commercio e ai consumi, l’incremento di gettito della Tares viene calcolato in un miliardo. Se la situazione politica non troverà uno sbocco, a partire da giugno famiglie e imprese subiranno un vero e proprio assedio fiscale, a partire dalla riproposizione tale e quale dell’imposta sulla casa.
(7) – Verso una deriva estremista
Dal Corriere della Sera, a firma Massimo Franco
I nomi sono nuovi e rispettabili. E difficile, tuttavia, sfuggire ad un leggero senso di vertigine per lo sbilanciamento a sinistra che i vertici del Parlamento certificano. Il «sistema delle spoglie» all’italiana consegna una fotografia degli equilibri di potere che sembra scattata sette anni fa, ai tempi dell’Unione. E non promette una stabilizzazione delle istituzioni, ma una fragilità che accentua il timore di una legislatura già incanalata sul binario morto.
Si deve concedere che la responsabilità non possa attribuirsi al solo Pd. L’esito è anche figlio di un risultato elettorale ambiguo e destabilizzante in sé. Ma si sperava che venisse «letto» in maniera diversa. E invece, brillano la contraddizione esistenziale di un Movimento 5 Stelle incapace di assumersi con trasparenza un ruolo in positivo; un Pdl risucchiato in una deriva giudiziaria, cavalcata nella speranza che un Silvio Berlusconi nel ruolo di vittima porti voti; e un centrismo montiano in affanno a ritrovare bussola e sponde internazionali.
Comunque la si guardi, la situazione appare sconfortante. Neppure un mese dopo un véto annunciato come decisivo, l’Italia è di nuovo immersa in una campagna elettorale. Anzi, in fondo non è mai uscita dall’altra. Ma il guaio non dipende solo dal fatto che il Senato sia senza una maggioranza. il problema è la deriva estremista delle posizioni. È il rifiuto dei partiti di cercare un qualunque compromesso. È il peso dell’impotenza del sistema politico scaricato sul Paese, senza alcuna riforma. Si finge di ignorare che il bipolarismo è reso tale solo da meccanismi elettorali perversi; e che promette frutti avvelenati in vista della scelta del prossimo presidente della Repubblica, a metà aprile. Per come si stanno mettendo le cose, rischia di prevalere un’autosufficienza della sinistra declinata nel modo più conflittuale e corrosivo per la legittimità delle istituzioni: col risultato di regalare argomenti alla propaganda berlusconiana. Insomma, la politica è tornata; e offre uno spettacolo mediocre. Forse perché in realtà non se n’era mai andata, nonostante il governo dei tecnici.
Certo, se si pensa che il Pd prometteva di comportarsi come se avesse il 49 per cento anche ottenendo il 51, c’è da trasalire. Con il 29,5 insieme con il Sel di Nichi Vendola, si comporta come se avesse una percentuale doppia. Quanto alle alleanze, il discrimine dell’europeismo è stato messo in ombra per inseguire il fantasma di un’intesa con un Beppe Grillo che persegue, per tacere il resto, un referendum per fare uscire l’Italia dall’euro: una linea irresponsabile, prima che impraticabile. Insomma, dopo il 24 e 25 febbraio si è persa un’occasione per offrire l’immagine di un Paese avviato alla stabilità e credibile in Europa. Ma ora sarebbe bene non creare le premesse per perderne un’altra. Usare il «premio» fornito da una legge elettorale più che discutibile per annettersi una ad una le cariche istituzionali scadute o in scadenza potrebbe rivelarsi non solo miope ma pericoloso.
Il «partito italiano» in Conclave era numeroso e in apparenza potente, e ha perso perché era debole nella Chiesa cattolica. Forse, quell’esempio può essere un motivo dl riflessione per il «partito della sinistra italiana» alla vigilia di appuntamenti laici ai quali si presenta gonfia di parlamentari ma non di voti.
(8) – Tre fragili perdenti
Da Il Tempo, a firma Sarina Biraghi
Una boccata d’aria fresca. Tale è e resterà per Bersani l’elezione dei due presidenti delle Camere, Boldrini e Grasso. C’è la stessa esultanza del dopo voto: siamo primi ma non abbiamo vinto. Sostenere Laura Boldrini, militante comunista e paladina dei diritti civili, sacrificando Franceschini significa cedere a Vendola e alla sinistra estrema. Sostenere Pietro Grasso, il magistrato allievo di Falcone, «matricola» nel Pd, sacrificando la Finocchiaro, significa cedere a Grillo e alla richiesta di «nuovo» a tutti i costi. Un nuovo che peraltro la dice lunga sulla mancanza di Politici, con la P maiuscola, dentro un partito che non è più una gioiosa macchina da guerra ma che non ha più nemmeno la scuola di Frattocchie.
La «foglia di fico» non basta però a Grillo che, assorbito il colpo del Senato, sta già riallineando i suoi per bloccare ulteriore scouting. E Bersani continua a rifiutare ogni dialogo con il Pdl malgrado il messaggio lanciato ieri dal segretario Alfano costretto a difendere partito e nove milioni di italiani che lo hanno votato dall’insulto di Lucia Annunziata, sgradevole e parziale. E poi si dice che la libertà di stampa è a rischio… Insomma, segno caratteristico del risultato elettorale dello scorso 24 febbraio è la fragilità di tre minoranze, vincenti e perdenti contemporaneamente. È evidente che la spallata grillina al sistema non ha portato il cambiamento ma porta diritto, senza alcuna pietà per l’Italia, a nuove elezioni.
«È la misericordia che cambia il mondo». Le parole del Papa sono state le più belle in una domenica in cui se ne sono sentite altre, a dir poco preoccupanti. Direi che la boccata d’aria fresca è proprio lui, Francesco.
(9) – Il fascino discreto del tre per cento
Dal Corriere della Sera di domenica, a firma Maria Teresa Meli
Negli altri Paesi, nei Paesi normali, in quelli in cui il bipolarismo è un’abitudine radicata e serenamente accettata, funziona grosso modo così: due grandi partiti si confrontano alle elezioni, con alleati vari ed eventuali, e la forza politica che vince si prende quasi tutte le poltrone che contano, le altre le dà al partner politico minore. In Italia, nazione notoriamente non tanto normale, il bipolarismo funziona invece in maniera assai diversa. E può quindi accadere che un movimento che ha strappato il 3 per cento a Montecitorio, il 3,2 a Palazzo Madama, ottenga 37 deputati e 7 senatori.
Non solo, visto che c’è, il Pd, gli offre anche la presidenza della Camera. In compenso, con quella percentuale risibile, questa volta senza chiedere niente al «fratello maggiore», anzi, sfidandolo in campo aperto con le primarie, conquista una regione meridionale importante come la Puglia, con Vendola, e tre città di peso quali Milano, con Pisapia, Genova, con Doria, e Cagliari con Zedda. A dirla, anzi, a scriverla così ha dell’incredibile. E riuscire a spiegarla a uno straniero, a un giornalista inglese, per esempio, è impresa improba e oltre modo faticosa.
Ma questa è l’Italia. Che non è cambiata molto, in questo senso, dai tempi della Prima Repubblica. Allora un partito non certo grande come il Pri poteva ottenere una presidenza del Consiglio. Era un’altra epoca, però, e il bipolarismo era una parola sconosciuta ai più. Poi nel ’94 la politica, costretta sotto i colpi di Tangentopoli, si è dovuta convertire al maggioritario. E non è cambiato niente. Nel 2006 l’Udeur, con poco più del 2 per cento, prima, ha conquistato il ministero della Giustizia, e poi è riuscita a far cadere un governo. Di esempi come questi ce ne sono tanti. Dimostrano che anche questa è un’anomalia italiana. L’ennesima. Forse non la più grave. Ma, con tutto il rispetto per Sel e per il suo leader, è sempre un’anomalia di troppo per un Paese come il nostro. Senza il Porcellum il movimento di Vendola non avrebbe avuto tutti questi posti in Parlamento. E con un vero, grande partito riformista in campo non avrebbe avuto tanti sindaci importanti.
(10) – “Boldrini alla Camera, il segno del declino”
Rassegna Stampa
La Repubblica (Francesco Bei) – Bersani è sicuro di essere sul Frecciarossa, direzione palazzo Chigi. «Venerdì ci davano già per morti – scherza il segretario con i suoi – adesso mi sa che devono spostare un po’ la data del funerale». E tuttavia il segretario rischia di essere la prima vittima del suo successo: se infatti il “metodo Grasso” ha funzionato per individuare i presidenti delle Camere, in molti nel Pd iniziano a chiedersi perché non applicare lo stesso schema anche per il premier…
La Stampa (Antonella Rampino) – … Di certo, non sono le elezioni anticipate a giugno la prospettiva più probabile. Napolitano, l’ha detto più volte, resterà sino all’ultimo giorno del proprio mandato, che scade il 15 maggio. Nessuna dimissione anticipata. Dunque, mancherebbero i tempi tecnici perché il suo successore possa sciogliere le Camere e convocare i comizi per l’inizio dell’estate. E quel che invece potrebbe accadere, è semmai che se sciaguratamente non si dovesse riuscire a implementare un governo, la faccenda passerebbe al successore di Napolitano. Il quale avrebbe una leva di pressione in più, le elezioni anticipate, per spingere i partiti a un accordo. Oggi, le elezioni sono evocate da tutti, ma solo perché non si possono fare. Berlusconi a parte, in realtà non le vuole nessuno.
Il Giornale (Alessandro Sallusti) – … Morale: magistrati e comunisti, con l’aiuto di quel furbetto in malafede di Grillo, dopo aver preso possesso delle istituzioni ora proveranno a prendere quello del Paese. Non c’è progetto politico, solo la voglia di sovvertire il risultato delle elezioni togliendo di mezzo il centrodestra che alla vigilia era stato dato per morto ma che nelle urne morto non era. Non ce la faranno, perché governare è un fatto politico e non aritmetico, ma è sicuro che le proveranno tutte…
Il Fatto Quotidiano (Marco Travaglio) – … 4) Il centrosinistra ha prevalso d’un soffio alle ultime elezioni col risultato più miserevole mai ottenuto da un vincitore nella storia della Repubblica: meno di un terzo dei votanti. Con che faccia Bersani e Vendola, nonostante le parole di apertura agli altri schieramenti per una distribuzione più equa delle presidenze delle Camere, se le sono accaparrate entrambe? Un minimo di decenza, oltreché di spirito democratico, avrebbe dovuto indurli a rinunciare all’arroganza e all’ingordigia da poltrone, e a votare, senza mercanteggiare nulla in cambio, il candidato di 5 Stelle (o di un’altra coalizione) al vertice della Camera o del Senato. 5) A prescindere dai meriti e dai demeriti individuali, sia la Boldrini sia Grasso sono parlamentari esclusivamente grazie a quel Porcellum che i loro rispettivi partiti, Sel e Pd, contestano a parole e sfruttano nei fatti. Nessun elettore li ha scelti: sono stati cooptati nelle liste del centrosinistra dagli apparati, all’insaputa degli elettori, non avendo partecipato neppure alle primarie per i candidati. L’altroieri Vendola e Bersani li hanno estratti dal cilindro all’ultimo momento, senz’alcuna consultazione dei rispettivi gruppi, per dare una verniciata di nuovo alle vecchie logiche spartitorie che sarebbero subito saltate agli occhi se a incarnarle fossero stati i Franceschini e le Finocchiaro. Ma la sostanza non cambia. La Boldrini poi rappresenta un partito del 3% e ora presiede la Camera grazie a un altro meccanismo perverso del Porcellum: il mostruoso premio di maggioranza del 55% dei seggi assegnato allo schieramento che arriva primo, anche se non rappresenta nemmeno un terzo dei votanti. Grasso è presidente del Senato per conto di una coalizione minoritaria, con l’aggiunta decisiva di alcuni franchi tiratori del Centro e di 5 Stelle. Quanto di meno nuovo e trasparente si possa immaginare.
Huffington Post (Giancarlo Loquenzi) – Se mi avessero chiesto, così su due piedi, di scrivere il discorso di insediamento di Laura Boldrini alla presidenza della Camera, credo che sarei andato molto vicino all’originale. Non lo dico per vantare le mie capacità di ghost writer a comando, ma per dire che il discorso era così prevedibile e pieno di luoghi comuni, che chiunque avrebbe potuto farlo… Capisco che la elezione della Boldrini abbia spezzato nella coscienza dei democrats una tale catena di sventure e delusioni che su quelle poche, scontate parole si siano proiettati sogni e voglie di rivincita. E capisco anche che la figura impacciata ed esitante della ex portavoce dell’Unhcr potesse emanare un qualche carisma salvifico dopo le tante malefatte subite dai grillini. Resta il fatto che a leggere e rileggere quel discorso si trova poco o nulla di quello che la presidente della Camera pensa di questo paese, della istituzione che presiede e di come mettere il primo e la seconda al riparo dalla radicale crisi che attraversano…
Corriere della Sera (Antonio Polito) – Benvenuti nel mondo dei franchi tiratori. I grillini erano entrati in Parlamento appena l’altro ieri compatti come una falange macedone, monolitici come una novella Compagnia di Gesù, giurando obbedienza … E al primo voto vero, alla prima occasione in cui non hanno potuto evitare di scegliere, si sono clamorosamente divisi. La democrazia parlamentare non è un «meet up». E fatta di voti e di regole. E senza vincolo di mandato…
Il Fatto Quotidiano (Fabrizio D’Esposito) – Per il Professore di Scelta civica l’analisi della sua disfatta è più psicologica che politica. Ammette un senatore centrista, a microfoni spenti: “Il premier … ha perso completamente la lucidità”. Spiega sgomento un big del Pd che ha seguito la trattativa decisiva dell’altra notte, tra venerdì e sabato: “Era come impazzito, a ogni nome che abbiamo proposto per sbloccare lo stallo con il centro lui ha risposto: ‘O me o nessuno’. Questo nonostante avesse promesso di tirarsi indietro dopo il no di Napolitano”. Un’ambizione tignosa che ha scorticato a sangue la celebre sobrietà incarnata dall’uomo in loden verde…
Il Giornale (Vittorio Feltri) – … La Boldrini al vertice di Montecitorio è il segno che il declino non è cominciato, ma si è già compiuto. Il prossimo passo ci porterà alla catastrofe. Se la Casta era orrenda, la mezza Casta che ci siamo dati col voto del 24-25 febbraio è addirittura inguardabile: velleitaria, fumosa, parolaia. Forse ruberà di meno. Forse. Quanto a rendimento politico, però, aspettiamoci un fallimento totale. Lo si è già capito. I compagni hanno fatto i matti per dare un assetto alle assemblee: trattative, mercanteggiamene, negoziati. Neanche si trattasse di decidere i destini dell’umanità. E invece erano in ballo soltanto due poltrone secondarie, da considerarsi inutili finché non c’è una maggioranza in grado di esprimere un governo duraturo. Che oggi non esiste, e probabilmente non esisterà neppure domani, per ovvi motivi…
Libero (Mario Giordano) – … S’è riempito la bocca con la scelta civica, il bene dell’Italia, la sobrietà, il loden, l’ora della responsabilità, la necessità, i sacrifici, il bene dell’Italia, l’Imu, le riforme, l’alternativa, la politica nuova e il bene dell’Italia, naturalmente, ma di tutto ciò, e soprattutto del bene dell’Italia, gliene importava … un beato nulla, in pratica. L’unica cosa che gli interessava in effetti era il bene suo. Cioè una poltrona. La più importante possibile. La presidenza del Senato in primis. La presidenza della Repubblica in un secondo momento. Che ci volete fare? Alla Bocconi insegnano sempre a puntare più in alto che si può. Ma l’ambizione gioca brutti scherzi. Soprattutto quando è così spudorata. E così alla fine di questo giorno, anziché l’ascesa di Monti, si celebra la sua caduta. Precipitosa. Disastrosa. Definitiva… E finalmente così si è capito anche perché ha usato la parola “salire” in politica: lui pensava già a salire, in effetti. Al Colle. Si vedeva lassù in alto, Capo dello Stato, e per cullare questo sogno ha sacrificato tutto, compreso l’interesse del Paese… Puntava a far salire le sue quotazioni, mica il Pil. Più che l’occupazione del Paese aveva in mente l’occupazione della cadrega, più che la crescita dell’economia aveva in mente la crescita del suo prestigio….