Milano anticipa la memoria per le vittime del terrorismo. l consigliere comunale e presidente dell’Associazione poliziotti italiani interviene alla commemorazione a Palazzo Marino. Il Consiglio comunale di Milano, presieduto da Manfredi Palmeri, ha ricordato lo scorso 8 maggio il forte tributo di sangue che la città ha versato nel lungo periodo degli anni di piombo. Anticipando quindi il “Giorno della memoria” per ricordare tutte le vittime del terrorismo, interno e internazionale, che è stato recentemente istituito con una legge dello Stato a partire dal 9 maggio dell’anno prossimo, nella ricorrenza del 30° anniversario del ritrovamento del corpo dell’On Aldo Moro in via Caetani a Roma
«Abbiamo molto apprezzato – ha dichiarato nel suo intervento Carmine Abagnale, consigliere comunale di Forza Italia e presidente dell’Associazione poliziotti italiani – l’istituzione di un giorno della memoria a livello nazionale da parte del nostro Parlamento, ma il Consiglio comunale di Milano aveva già avvertito questa esigenza, anche stimolato da Antonio Iosa, il presidente della sezione Lombardia dell’Associazione italiana vittime del terrorismo».
La città di Milano, infatti, è stata la più colpita dal terrorismo e dallo stragismo, con le bombe esplose nella Banca nazionale dell’agricoltura a Piazza Fontana, alla questura di via Fatebenefratelli e in via Palestro, mentre il brigatismo, di ogni colore, ha ucciso singolarmente 28 persone e nel novero va considerato anche Enzo Baldoni, ucciso in Iraq. Dopo gli interventi di concorde condanna del capogruppo di Forza Italia Guido Gallera e della capogruppo dell’Ulivo Marilena Adamo, che hanno anche ricordato come non vada mai abbassata la guardia e la politica debba mantenere i toni della disputa tali da non dare alcun appiglio alla violenza, ha preso la parola Carmine Abagnale, che ha ricordato principalmente la sua esperienza di poliziotto arrivato a Milano nel 1973, immediatamente dopo l’omicidio Calabresi.
«Si viveva nel terrore e i rappresentanti delle forze dell’ordine erano un bersaglio naturale dei terroristi – ricordo che purtroppo 106 di noi sono caduti sul campo, rappresentando di gran lunga la categoria più colpita – io poi facevo parte del reparto celere che prendeva le sprangate, le molotov e sbagliava sia se interveniva troppo duramente sia se veniva ritenuto troppo “tenero”. Personalmente ho avuto la fortuna di non girare mai armato, perché in un’occasione avrei reagito sparando una sera che la mia macchina venne fermata da un gruppo di giovani che avevano solo voglia di scherzare. Ma tale era lo stato di tensione che ci trovavamo a vivere quotidianamente. Solo la memoria condivisa, senza faziosità e connotazioni politiche, di cosa abbiano rappresentato gli anni di piombo nel nostro Paese può permetterci di superare quel periodo e guardare avanti, senza facili perdoni, ma anche rispettando coloro che si sono veramente pentiti di ciò che hanno fatto. L’Associazione dei poliziotti italiani si è sempre battuta per il rispetto delle vittime e dello Stato, schierandosi contro la grazia ad Adriano Sofri e contro gli incarichi pubblici che vengono conferiti a chi, non bisogna scordarlo, si è battuto proprio contro lo Stato»..
via| www.polizia.org
immagine: L’Avanti, ed. straordinaria del 16 Marzo 1978 – da http://www.vittimeterrorismo.it/memorie/schede/moro.htm