Il decreto di nomina è stato firmato. Silvio Berlusconi ha deciso: sarà il sottosegretario Mario Mantovani a guidare il Pdl lombardo dopo l’addio di Guido Podestà, presidente della provincia di Milano dimissionario dalla carica nel partito. E’ una mossa, quella del Cavaliere, tutt’altro che locale. Anzi. E’ un segnale ben preciso che Berlusconi vede avvicinarsi le elezioni. O che addirittura, forse, le auspica.

 Mario Mantovani, infatti, è un movimentista. Uno che è bravissimo a organizzare gazebo, raccolte firme. Uno che è amato dai sindaci del territorio lombardo. Ma che – si badi bene – non unisce tutti. Secondo quanto risulta ad Affaritaliani.it contro Podestà si sono unite sensibilità davvero molto diverse. Dai militanti ex Forza Italia della prima ora a tutti quelli che non hanno certo visto di buon occhio l’iperattività degli amici del coordinatore. La situazione sembrava potesse andare avanti fino alle elezioni comunali. Probabilmente, lo pensava anche lo stesso Guido Podestà, che infatti non aveva dato informazione a nessuno delle sue dimissioni, giunte come un fulmine a ciel sereno con il comunicato dettato nel pomeriggio di ieri alla sua segreteria milanese. Invece, una volta giunto nella Capitale, ha capito che il caso Minetti e il caso Sara Giudice avevano pesato non poco nell’accelerazione dell’iter sostitutivo. Cancellando così di colpo la capacità del presidente della Provincia di Milano di far convivere tutte le anime del partito con grande senso di mediazione.

I meglio informati, del resto, l’avevano capito già dopo la telefonata all’Infedele da parte di Silvio Berlusconi.

Durante la telefonata il Cavaliere si era rivolto alle “cosìddette signore” ospiti di Lerner. Beccandosi del cafone dal conduttore. Ma l’obiettivo delle “cosìddette” non era certo la Zanicchi, o le altre personalità presenti. Era Sara Giudice, la giovane ribelle del Pdl che aveva chiesto le dimissioni della Minetti. Berlusconi si sarebbe atteso che Podestà chiedesse la sua cacciata all’interno del coordinamento regionale di lunedì sera. Invece il presidente era stato zitto, visti i buoni rapporti con il padre di Sara, il consigliere comunale Vincenzo Giudice, e l’idea di chiudere il prima possibile il caso senza creare polveroni. Tantopiù che la Giudice non risultava iscritta al Pdl. Ma si sa, in questi casi si dovrebbe passare sopra le formalità.

E infatti Berlusconi, secondo fonti di Affari, non aveva affatto digerito il silenzio del suo coordinatore e dopo poche ore aveva deciso di chiamare in trasmissione. A soffiare sul fuoco delle polemiche anche il senatore Giancarlo Serafini. A lui era stata infatti “affidata” Nicole Minetti. Lui, in viale Monza, è l’uomo che con più facilità raggiunge il presidente. Lui avrebbe avvertito con più chiarezza la mancanza di polso nella gestione dell’affaire Minetti. Lui avrebbe chiesto un cambio di marcia.

Il caso Milano, in pratica, è un po’  l’emblema di quello che sta succedendo a livello nazionale. Vengono sacrificati gli uomini di mediazione, di trattativa, con Podestà, per preferire persone con spiccate caratteristiche di movimento, come Mantovani. In Lombardia si è chiusa un’epoca, anche se sembra un semplice gioco di poltrone interno al partito. Ora la sfida è affrontare le divisioni che – comunque – continuano ad esistere.
 (affariitaliani.it)