(1) – Alfano: l’Europa premia le nostre scelte
“L’annuncio di Barroso, sui nuovi criteri di flessibilità introdotti da Bruxelles per i Paesi virtuosi, è una risposta importante alle buone ragioni di un Paese che si impegna in questa fase difficile e alle buone ragioni della politica che indica, nella corretta e serrata trattativa nelle sedi opportune, la strada giusta per una costruttiva unità di intenti e di obiettivi che coinvolga tutti i Paesi europei”. Lo sottolinea il vicepremier e ministro dell’Interno, Angelino Alfano, commentando le parole del presidente della Commissione Europea, Josè Manuel Barroso.
E parlando di Europa spiega che “contro il crimine serve un’alleanza globale tra l’Europa e altri Paesi del mondo, per mettere a fattor comune la possibilità di scambio di informazioni tra coloro che le possiedono. La globalizzazione ha portato con sé anche la globalizzazione del crimine dunque ad un crimine globale non si può dare una risposta locale: occorre una risposta che esuli l’ambito nazionale e vada a guardare più in là, dove si realizzano le alleanze criminali. Il primo tema è quello della cooperazione internazionale, che inevitabilmente postula una duplice alleanza: all’interno dei paesi Ue e una cooperazione tra l’Ue e gli altri Paesi del mondo”.
Alfano: non c’è un’emergenza immigrazione
Il dato degli arrivi di migranti nel 2013 “è assolutamente significativo ma non ci dà la dimensione dell’emergenza”. Lo dichiara il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, parlando delle linee programmatiche del suo dicastero davanti alla Commissione Affari costituzionali della Camera.
“Il 2011 è stato l’anno ‘picco’, in conseguenza delle cosiddette ‘primavere arabe’, con oltre 60mila arrivi. Il 2012, invece, gli arrivi sono stati poco più di 13mila e nei primi sei mesi di quest’anno siamo allineati alle cifre del 2012”.
(2) – Per l’Italia più facile investire
Per l’Italia è una salutare boccata d’ossigeno: nel 2014 si potranno fare più investimenti pubblici, senza che siano conteggiati nel rapporto deficit-pil. L’Unione europea, per bocca del presidente della Commissione Barroso, ha infatti dato il via libera a “temporanee deviazioni” dal deficit per gli investimenti fatti con fondi cofinanziati dall’Unione europea. Barroso lo ha detto nel corso di un intervento davanti al Parlamento europeo di Strasburgo, precisando che per i Paesi con i conti a posto, e l’Italia è tra questi, saranno consentite “deviazioni temporanee” dagli obiettivi di bilancio previsti dal patto di stabilità in caso di investimenti legati a misure per favorire la crescita. Il commissario Olli Rehn lo ha confermato, ribadendo tuttavia l’invalicabilità del limite del 3 per cento nel rapporto deficit-pil. E’ la prima volta che l’Unione europea antepone la crescita al rigore. Ed è fuori dubbio che la svolta potrà agevolare l’Italia. Per questo il governo, guidato da Letta e Alfano, ha risposto esprimendo “grande soddisfazione”. Enrico Letta su Twitter ha esultato: ”Ce l’abbiamo fatta! Commissione Ue annuncia ora ok a più flessibilità per prossimi bilanci per Paesi come l’Italia con conti in ordine”.
Va da sé che ora l’Italia dovrà darsi da fare per un utilizzo concreto e reale dei fondi europei, superando la storica inefficienza mostrata in passato in questo settore: non è un mistero infatti che il nostro Paese non è mai riuscito a spendere i fondi ottenuti in sede europea per una serie di concause: non solo la mancanza di progetti adeguati, ma anche per l’incapacità dei ministeri e delle Regioni di farsi valere presso la burocrazia di Bruxelles. Dall’europeismo a parole, il governo Letta dovrà ora dimostrare l’europeismo dei fatti. E le grandi opere strategiche, dalla Tav alle infrastrutture, sulle quali fare convergere i fondi europei non sono certo da inventare ex movo: basta riprendere in mano i progetti del governo Berlusconi, rimasti nei cassetti a causa delle opposizione dei falsi ambientalisti. Rilanciare gli investimenti e le infrastrutture, insieme al taglio delle tasse, sono la strada giusta da seguire e confermano la bontà della ricetta liberale suggerita più volte da Silvio Berlusconi per ridare fiato alle imprese e alle famiglie, così da portare l’Italia fuori dalla recessione.
(3) – E si apre la strada a meno tasse
La Commissione europea ha finalmente dato l’ok alla maggiore flessibilità in bilancio per i Paesi come l’Italia con i conti in ordine. L’incubo della procedura per deficit eccessivo è dunque passato, ed è il momento dunque di concentrarsi sulla crescita. Il provvedimento firmato da Barroso in persona parla di “deviazioni temporanee” dagli obiettivi di bilancio previsti dal Patto di Stabilità e solo in caso di investimenti pubblici legati a misure per favorire la crescita.
Qualche paletto però resta: il tetto del 3% di deficit, ad esempio, non può comunque essere sforato, e non si esclude la spesa per investimenti dal calcolo del deficit, ma si consente una deviazione dall’obiettivo del pareggio di bilancio. Sono consentite, però, misure che consentano di abbassare le tasse alle imprese o immettere nuova liquidità nelle loro casse per aiutare la ripresa economica. L’importante è che questi provvedimenti non portino a un aumento della spesa pubblica, ma si concretizzino in agevolazioni fiscali. Il fatto è che da ora in poi il governo italiano avrà maggiori margini di manovra per abbassare le tasse e rilanciare l’economia, come chiede da tempo il Pdl. Siamo consapevoli che non c’è nessuna deroga a spendere di più, ma che bisogna procedere subito sulla doppia strada di tagliare le tasse e insieme la spesa. Il presidente di Confindustria Squinzi ha commentato la notizia di Bruxelles come un incentivo per passare dalle parole ai fatti, e cioè per cominciare a mettere in pratica quanto è già stato previsto nei decreti già approvati. La sfida vera era e resta quella di una frustata positiva diretta al rilancio dei consumi, visto che nell’ultimo anno la domanda interna è precipitata in settori chiave come l’auto, l’abbigliamento e gli elettrodomestici.
Proprio ieri il Senato ha approvato l’emendamento alla legge sugli ecobonus che estende le agevolazioni delle ristrutturazioni anche agli elettrodomestici. Chi acquista un frigo, una lavatrice, una lavastoviglie o un forno può detrarre dalle tasse il 50% del suo valore. Un segnale che va nella giusta direzione. In una situazione di perdurante recessione, infatti, solo un sollievo fiscale per lavoratori, famiglie e imprese è in grado di rilanciare i consumi e rimettere in moto il Paese. Così come il decreto Lavoro, che ha messo una pietra sopra la filosofia totalmente sbagliata della riforma Fornero, deve essere migliorato con la detassazione totale per i nuovi assunti, l’unica che può determinare una svolta positiva per rilanciare l’occupazione, soprattutto quella giovanile.
(4) – Schifani: ora il governo abbia coraggio
“Finalmente l’Europa condivide l’impostazione che il Pdl ha sempre sostenuto e proposto. Di sola austerità e di soli bilanci in ordine si muore, bisogna investire per generare crescita, sviluppo e lavoro e quindi è necessario agevolare l’utilizzo delle risorse per tali finalità. Sarebbe stato più proficuo se la maggiore flessibilità annunciata oggi da Barroso fosse partita subito, ma è evidente che ora il governo deve impostare per l’autunno una manovra che preveda investimenti, taglio delle tasse e altre misure che riescano a stimolare la crescita. Un pò più di coraggio non guasterebbe. Il Pdl proseguirà nella sua azione determinata di stimolo all’esecutivo e crediamo che le prospettive siano ora più concrete, realistiche e stimolanti”. Lo dichiara il presidente dei senatori del Pdl, Renato Schifani.
Elisabetta Alberti Casellati – “La decisione di oggi della Ue conferma il valore della tesi economica del presidente Berlusconi secondo cui è urgente rivedere il patto di stabilità per approvare un piano di riforme che consentano all’Italia di uscire dalla spirale recessiva. Meglio tardi che mai. Finalmente l’Europa da dimostrazione di essere all’altezza dei gravissimi problemi prodotti dalla politica di rigore e austerità. Ora occorre tenere la barra dritta verso la rotta tracciata da Berlusconi e dal PdL: ridurre la pressione fiscale sui redditi e sui consumi in maniera tale da rilanciare l’economia del Paese”.
Roberta Angelilli – “Bene l’annuncio di Jose Manuel Barroso sulla maggiore flessibilità di bilancio, è anche un successo italiano. L’annuncio del presidente della Commissione europea di consentire deviazioni temporanee del deficit per investimenti pubblici produttivi rappresenta un segnale importante e concreto per rilanciare la crescita e l’occupazione”.
Annamaria Bernini – “L’annuncio Letta-Barroso di possibili deviazioni temporanee dal deficit mirate agli investimenti pubblici è positivo. Per l’Italia è la logica conseguenza dell’uscita dalla procedura per deficit eccessivo. Aspettiamo però di vedere in concreto i paletti che la Commissione Europea intende porre”.
Giovanni La Via – “Con la variabile della flessibilità, si aprono importanti opportunità per gli Stati membri dell’Ue, tra cui l’Italia e ora tocca al Governo nazionale sfruttare quest’opportunità per investire le risorse disponibili in modo deciso. L’apertura del presidente Barroso consente al nostro Paese di cogliere al massimo i benefici della flessibilità e permetterà ai Paesi virtuosi di non concentrarsi solo su politiche di austerità, ma anche di poter finalmente puntare alla crescita economica, sfruttando al massimo le opportunità messe a disposizione dalle politiche comunitarie. Un’apertura di credito importante nei confronti dell’Italia e, in questo, ha giocato un ruolo significativo il premier Enrico Letta all’ultimo Consiglio europeo. Adesso dobbiamo fare in modo che questa nuova opportunità sia sfruttata al meglio per creare nuovi posti di lavoro e far ripartire l’economia”.
Altero Matteoli – “L’Ue, seppure in ritardo, condivide l’impostazione che noi abbiamo sempre avanzato come l’unica possibile per provare a uscire dalla crisi infinita. Era l’ora. Adesso ci aspettiamo che il governo ed in particolare il responsabile dell’Economia prepari una manovra che liberi risorse per la crescita, per lo sviluppo, per creare posti di lavoro, per le infrastrutture, una manovra che con coraggio e determinazione preveda la diminuzione delle tasse”.
Manuela Repetti – “Finalmente una presa di coscienza e un atto di responsabilità da parte della Ue. Mi auguro che fra gli investimenti che verranno scorporati dal tetto del deficit del 3%, siano compresi, oltre a quelli strutturali, quelli per le politiche di rilancio dell’economia. Senza questa flessibilità, che non significa allentamento del rigore, ma al contrario investimenti necessari per la crescita, nessuno sforzo sarebbe risultato sufficiente ad invertire la rotta della recessione”.
Licia Ronzulli – “Gli sforzi e i sacrifici che i cittadini italiani hanno dovuto affrontare nei mesi scorsi ottengono finalmente il risultato sperato. L’annuncio di stamane del Presidente della Commissione Europea Barroso restituisce speranza in attesa delle misure per la crescita che il governo deve ora adottare immediatamente. Oggi l’Europa premia finalmente l’Italia, restituendole mezzi efficaci e incisivi per combattere la crisi. È ancora presto per esultare: si passa ora alla prova dei fatti, e questi nuovi investimenti, uniti ai tagli alla spesa improduttiva, dovranno costituire la base per rilanciare l’occupazione giovanile, sostenere le Pmi e creare nuove opportunità di crescita”.
Giorgio Squinzi – “È una buona notizia. Credo che come Paese, come italiani, con tutti i sacrifici che abbiamo fatto in quest’ultimo periodo ce lo meritiamo ampiamente”.
(5) – Brunetta: ma il merito è di Berlusconi
“Ricordiamo a noi stessi e ricordiamo al presidente Letta che agli sforzi di risanamento dei conti pubblici italiani, nonché al rispetto del vincolo del pareggio di bilancio nel 2013 ha contribuito per l’80% il governo Berlusconi e solo per il restante 20% il governo Monti”. Lo afferma Renato Brunetta, presidente dei deputati del Popolo della Libertà.
“I conti – aggiunge – sono della Banca d’Italia: dal 2008 al 2011, il governo Berlusconi ha varato 4 manovre di finanza pubblica, aventi effetto cumulato, fino al 2014, di 265 miliardi di euro. Il decreto cd. ‘Salva-Italia’ del governo Monti avrà un impatto complessivo sulle finanze pubbliche, nel triennio 2012-2014, di 63 miliardi, e si è reso necessario a causa del peggioramento della congiuntura economica nell’intera eurozona nell’autunno 2011”.
“Non è esatto, quindi, dire – conclude Brunetta – che ‘le scelte dei governi precedenti, quello di Monti in particolare, hanno consentito di uscire dalla procedura di deficit eccessivo ‘. I numeri sono numeri, non suscettibili di alcuna interpretazione, né di tipo politico, né di tipo ideologico. Il bravo presidente del Consiglio, Enrico Letta, se ne faccia una ragione”.
Deborah Bergamini – “Ecco la notizia che aspettavamo: maggiore flessibilità di bilancio per i Paesi dell’Unione europea usciti dalla procedura per deficit eccessivo. Da anni il presidente Berlusconi e il Pdl sottolineavano la necessità di poter contare su maggiori margini di azione, non per propagandismo ma per l’evidente bisogno di rilanciare la nostra economia”.
Nino Bosco – “Finalmente uno spiraglio in fondo al tunnel. La decisione della Commissione europea di concedere maggiore flessibilità nei bilanci per i Paesi usciti dalla procedura di deficit eccessivo è sicuramente una ottima notizia per l’Italia”.
Annagrazia Calabria – “L’impressione è che dell’apertura di Bruxelles ad una maggiore flessibilità negli investimenti produttivi sia apprezzabile più il principio che l’effetto. Ma a ben vedere, i limiti nei quali ci muoviamo e i paletti che vengono posti sono talmente rigidi, con particolare riferimento al vincolo del deficit al 3%, da non lasciare grandi speranze sulla possibilità di realizzare interventi davvero incisivi a livello economico e occupazionale”.
Mara Carfagna – ‘Più flessibilità nei conti pubblici non sia sinonimo di un disinvolto utilizzo dei fondi. La Ue ha premiato i sacrifici degli italiani, adesso il governo e la maggioranza ripaghino questa fiducia attraverso misure strutturali per la crescita”.
Fabrizio Cicchitto – “È sempre più evidente che la via maestra per arrivare alla crescita attraverso una riduzione della pressione fiscale è costituita da due elementi: un allentamento del rigorismo europeo e tagli alla spesa pubblica e una grande operazione di abbattimento del debito. La comunicazione fatta da Barroso sembra muoversi nella prima direzione e quindi ci auguriamo che esso dia al governo spazi reali di movimento sul terreno degli investimenti”.
Lara Comi – “La linea che il Pdl ha sempre sostenuto in Europa viene oggi confermata dalla decisione di dare maggiore flessibilità nei conti pubblici dei paesi virtuosi. Siamo orgogliosi di aver fatto sentire la nostra voce e di non esserci arresi alla cieca austerità. Ora abbiamo un’importante occasione per investire con decisione nella crescita”.
Mariastella Gelmini – “Sembra che finalmente si sia aperta una falla nella fiancata burocratica europea. È una buona notizia e una buona cosa del governo. Approfittiamone con coraggio con una svolta nella spending review dimenticata e per mandare in soffitta certi riflessi burocratici italiani e cominciare a tagliare le tasse”.
Maurizio Lupi – “Quello di oggi è un successo per l’Italia e per il nostro governo, per due motivi: è il riconoscimento del fatto che di solo rigore si può morire, servono gli investimenti. In secondo luogo è il riconoscimento dei sacrifici fatti dagli italiani della serietà con la quale abbiamo rispettato gli impegni presi in Europa, per non rendere inutili questi sacrifici bisogna investire per la crescita, per il rilancio dell’economia e dell’occupazione. Oggi Barroso si è dichiarato d’accordo con questa nostra impostazione, che abbiamo difeso in Europa a tutti i livelli: ciò che è investimento per la crescita non è catalogabile come semplice spesa e va quindi tenuto fuori dai vincoli del patto di stabilità europeo”.
Alessandro Pagano – “L’allentamento dei vincoli del patto di stabilità concesso ai Paesi usciti dalla procedura d’infrazione per deficit eccessivo, Italia compresa, annunciato quest’oggi dal presidente della Commissione Europea Barroso è una notizia che, date le indubbie prospettive di ripresa per il nostro Paese, non possiamo non accogliere con soddisfazione”.
Renata Polverini – “Da Bruxelles arriva un’opportunità che dobbiamo saper cogliere individuando gli investimenti che si possono attivare subito per far ripartire l’economia ed il lavoro. ‘È un passaggio stretto, visto che l’Ue si muove ancora nell’anacronistica logica del rigore, ma mi aspetto dal governo l’apertura di un tavolo, con la maggioranza che lo sostiene e con le forze sociali, affinchè diventi un’autostrada verso l’uscita dalla più grave crisi economica e sociale dal dopoguerra”.
Stefania Prestigiacomo – “Con l’apertura di Bruxelles a maggiore flessibilità sui bilanci, e dunque possibilità di investire sulla crescita, per i paesi virtuosi, siamo finalmente davanti ad una svolta rispetto a un cammino intrapreso da lungo tempo e volto solo al rigore assoluto. Tutto questo però non centrerà gli obiettivi prefissati, servirà a poco se in parallelo non si proseguirà con determinazione con una nuova fase di spending review e soprattutto con una graduale riduzione della pressione fiscale sulle famiglie per far ripartire i consumi e sulle imprese per ricominciare a produrre e ad assumere”.
Elvira Savino – “Prendiamo atto con soddisfazione del risultato conseguito oggi dal Governo in sede europea, ma il punto strategico da affrontare rimane ora più che mai quello della riduzione della spesa pubblica”.
Daniele Capezzone, Sandro Bondi – ”Siamo sinceramente interessati al successo del governo Letta, ma questo non significa aderire a posizioni trionfalistiche che non corrispondono al merito dei problemi. La novita’, ad esempio, certamente positiva, di una maggiore flessibilita’ anche per l’Italia nell’applicazione della soglia del 3%, comunicata ieri dalla commissione europea e annunciata dal governo come una vera e propria svolta, ad una lettura piu’ attenta e obiettiva indica che la strada e’ ancora tutta in salita. La commissione infatti ha immediatamente precisato che il limite del 3% non puo’ essere superato e che gli unici investimenti ammessi sono quelli codecisi a livello europeo riguardanti le reti infrastrutturali di carattere sovranazionale. Cio’ dovrebbe indurci a commenti piu’ misurati per non essere indotti a credere che la crisi si possa superare con misure che non incideranno se non in lieve e trascurabile misura sulla grave recessione in atto”.
(6) – Giustizia/Il Paese governato dalle toghe
Ci avevano insegnato, già sui banchi della scuola, che in Italia i poteri sono tre, tutti distinti tra loro, ognuno con pari dignità: esecutivo, legislativo e giudiziario. Cioè governo, Parlamento e magistratura. Ora abbiamo una ennesima conferma che uno dei tre poteri è più “potente” degli altri. Neanche a farlo apposta, stiamo parlando della magistratura. La sentenza con la quale la Corte costituzionale ha stabilito che la riforma delle province decisa dal governo Monti (e rimasta finora lettera morta) è nulla, “in quanto non si poteva procedere con la corsia veloce del decreto legge, atto destinato a fronteggiare casi straordinari, ma non utilizzabile per una riforma organica e di sistema“, è un precedente pericoloso. Perché la Consulta non si limita a stabilire se il contenuto di una legge sia o meno compatibile con la Costituzione – per esempio se violi il principio di eguaglianza, o se due norme sono in palese conflitto l’una con l’altra – ma per la prima volta intima al governo, e al Parlamento, come deve governare e come deve legiferare.
Pochi giorni fa la stessa Corte costituzionale aveva respinto il ricorso di Silvio Berlusconi contro la negazione del legittimo impedimento da parte del Tribunale di Milano nel processo sui diritti tv affermando che sì, era vero che l’allora premier non si era presentato ad una udienza (quella del 1 marzo 2010) in quanto presiedeva il Consiglio dei ministri. Ma, ecco la motivazione, “non era un impedimento assoluto, spettava all’autorità giudiziaria stabilirlo, né l’imputato ha mostrato leale collaborazione“.
Dunque, nel caso di Berlusconi è un tribunale a fissare quando e se il capo del governo può presiedere il Consiglio dei ministri (se almeno il capo del governo si chiama Berlusconi). Nel caso delle province, è ancora la magistratura al suo più alto livello a dire come e se possono essere riformate. Come osserva oggi il Corriere della Sera a firma di Sergio Rizzo, “non c’è decisione che non corra il rischio di finire sotto la tagliola della Consulta, del Tar o del Consiglio di Stato“. Giusto, ma perché non chiamare le cose per nome? L’Italia è ormai governata dai giudici, che siano di primo grado o costituzionali. L’equilibrio e il rispetto reciproco tra i poteri dello Stato non esiste più. E il governo ed il suo capo, chiunque egli sia (ma soprattutto se si tratta di Berlusconi) non ha di fatto poteri. Questa è la vera anomalia; peggio: questa è la deriva autoritaria per un verso, paralizzante per l’altro verso la quale sta scivolando l’Italia.
Conclude il Corriere: “Non abbiamo più alcuna certezza: inutile lamentarsi del tempo biblico per fare un’opera pubblica, degli anni necessari per risolvere un contenzioso, degli investimenti esteri sempre più impalpabili. Così non si va da nessuna parte. E’ bene esserne tutti coscienti, giudici compresi“. Giusto anche questo. Peccato che il Corriere della Sera non dica chi sono gli artefici e i beneficiari di questa situazione, se non gli stessi magistrati. Né spieghi perché in Italia chi tocca la magistratura muore.
(7) – Casa/Da subito stop agli espropri
La spinta propulsiva del Pdl (il “fortino anti-tasse”, come ha ricordato Alfano) per un fisco amico, meno opprimente e più vicino ai cittadini e alle imprese, sta dando i suoi frutti. Ieri il vice ministro per l’Economia, Luigi Casero, con Attilio Befera, direttore dell’Agenzia delle Entrate, ha presentato le nuove misure che si aggiungono al decreto legge semplificazioni. E intanto Equitalia finalmente si adegua a questo nuovo approccio anticipando l’applicazione- addirittura in modo sostanzialmente retroattivo- delle novità contenute nel “decreto del fare”; prima ancora che siano emanati i decreti attuativi previsti entro 30 giorni dalla conversione del provvedimento.
Ecco cosa accade da subito, in base alle disposizioni di una circolare del 1 Luglio:
- Congelamento immediato dei pignoramenti già eseguiti sulle prime case. Non è più possibile “procedere ad esecuzione forzata sulla prima e unica casa di abitazione, il cui debitore risiede anagraficamente, a fronte di debiti iscritti a ruolo”. Il limite di credito necessario per l’esecuzione forzata sale a 120mila euro e fanno eccezione solo le case di lusso.
- Blocco di ogni procedura di vendita all’incanto di case già pignorate e nei casi previsti dal nuovo decreto.
- Estensione delle limitazioni alla pignorabilità dei beni indispensabili all’impresa o alla professione, la cui espropriazione è possibile nei limiti del quinto del loro valore è possibile solo se gli altri beni non sono sufficienti a coprire il debito.
- Possibilità, anche da parte del contribuente che sta rateizzando il debito con il Fisco, di rimodulare le rate su 120 mesi, una volta emanato il provvedimento.
- Applicazione da subito della nuova regola di decadenza della dilazione del debito dopo otto rate non pagate anziché due e questo vale anche in caso di rateazione già decaduta.
Si respira un’aria nuova, dunque, e non è più quella del tornado fiscale del governo dei tecnici, come testimonia anche la raffica di interventi presentati da Casero e Befera, veri e propri “tagli amministrativi” destinati a semplificare la vita dei contribuenti grazie a minori adempimenti e procedure più snelle per imprese e cittadini: cancellazioni di incombenze burocratiche, comunicazioni “più leggere” su operazioni rilevanti tanto per studi di settore quanto per lo spesometro, dichiarazione di successione obbligatoria solo oltre la soglia dei 75mila euro. Eliminazione quindi di tanta carta inutile, molti “modelli” vanno al macero, meno perdite di tempo e meno complicazioni.
Casero ha anche reso noto che nel primo semestre del 2013 i rimborsi Iva sono raddoppiati rispetto al 2012, da 3,8 a 7,1 miliardi. E ancora ieri è arrivata dal Senato la buona notizia dell’estensione a caldaie e pompe di calore delle detrazioni fiscali al 65%, mentre vale quella del 50% per l’acquisto di frigo, lavatrici e lavastoviglie. Un segnale tangibile del governo, alle prese con i licenziamenti alla Indesit, in aiuto all’industria del bianco in crisi. Il governo intende continuare sulla strada, indicata dal Pdl, della riduzione delle tasse. Incoraggiante che anche il ministro Saccomanni ieri si sia impegnato in questa direzione, parlando della necessità di modifiche radicali al sistema tributario in modo da favorire la crescita. Il modo è uno solo, da noi indicato e sostenuto: un taglio netto alla pressione fiscale per cittadini e imprese. Siamo nel governo prima di tutto per questo.
(8) – Anche gli F35 dividono il Pd
Da La Stampa, a firma Marcello Sorgi
La polemica sull’acquisto dei caccia bombardieri F35, chiusa provvisoriamente con una mozione della maggioranza, approvata dalla Camera, che di fatto rinviava ogni decisione in merito, s’è riaperta ieri e ha lambito il Quirinale. Le opposizioni di Movimento 5 stelle e Sel, ma anche una consistente minoranza del Pd, non hanno gradito l’iniziativa del Capo dello Stato di convocare il Consiglio supremo di difesa, da lui presieduto, per ribadire l’impegno italiano dell’ammodernamento del proprio sistema di difesa, in linea con gli impegni e le alleanze internazionali a cui il Paese fa riferimento. Il comunicato uscito dal Colle infatti precisava, com’è ovvio – o almeno come dovrebbe essere – che il Parlamento, nel pronunciarsi su materie così delicate, deve tener presente il contesto in cui certe decisioni sono state prese e il ruolo del governo che se ne è fatto garante. Ma M5s e Sel, affiancati da molte voci che si alzavano dal Pd (Ginefra, Pollastrini ed altri), hanno preso quest’affermazione come una lesione dei poteri del Parlamento ed hanno chiesto a Napolitano e alla presidente della Camera Boldrini di intervenire per un chiarimento. Mirata contro le maggiori cariche istituzionali, la polemica ha preso una piega spiacevole, a cui inutilmente altri esponenti del Pd (tra cui il presidente della commissione Difesa del Senato La-torre) hanno cercato di rimediare.
Il Pdl è stato a guardare, sottolineando la situazione imbarazzante in cui si trovava il partito del presidente del consiglio. Per il Movimento 5 stelle, che da giorni attacca duramente il Quirinale, si trattava di un’occasione per agganciare alla sua campagna anche altri pezzi dell’opposizione, com’è avvenuto, e per portare allo scoperto le difficoltà interne dei Democrat, già emerse, del resto, al momento di votare la mozione sugli F35. Ieri intanto dal Colle è arrivata un’apertura all’incontro di Grillo con il Capo dello Stato. In un primo tempo la reazione alle polemiche del leader di M5s era stata formale (“non è pervenuta alcuna richiesta di incontro”), ma di fronte alle insistenze grilli-ne è stata fatta una precisazione.
Non si tratterà di una sorta di visita privata, ma di un faccia a faccia politico che potrà essere allargato anche ad altri esponenti del movimento. Se dunque sarà una delegazione a salire al Colle (l’unico precedente erano state le consultazioni per il governo, in cui Grillo era accompagnato dai due capigruppo), stavolta potrebbe farne parte anche il “guru” Gianroberto Casaleggio.
(9) – Lodo Mondadori/Quando De Benedetti brindava all’accordo con Berlusconi
Da Il Giornale, a firma Patricia Tagliaferri
L’accordo con Berlusconi sulla spartizione della Mondadori era stato appena firmato e Carlo De Benedetti sembrava tutt’altro che affranto. «Non ci sono né vincitori né vinti, i veri vincitori sono le aziende che da oggi possono ripartire con serenità», diceva l’ingegnere nel 1991 in un’intervista al Tg4 in cui incensava e faceva gli auguri all’antico rivale che tanto «bene aveva fatto in Italia».
Rispolverata nel 2013, dopo la notizia della condanna al maxi risarcimento che la Fininvest dovrà versare a De Benedetti, quell’intervista sembra paradossale. L’ingegnere non aveva affatto l’aria di un imprenditore che avesse appena subito un torto. Tutt’altro. Sembrava rispondere con serenità alle domande del giornalista su quell’accordo che lasciava a lui il controllo di Repubblica, dell’Espresso e dei giornali Finegil mentre tutto il resto, compreso Panorama, passava al Cavaliere, già proprietario del Giornale e delle Tv commerciali. Era stato Giuseppe Ciarrapico il regista di quella mediazione dopo che il lodo Mondadori, che aveva dato ragione a De Benedetti sulla spartizione del gigante editoriale, era stato annullato dalla Corte d’Appello di Roma e il gruppo era tornato nelle mani di Berlusconi. Lo strapotere del Cavaliere, però, preoccupava la politica, Andreotti temeva che la sua vittoria si trasformasse in una vittoria di Craxi, come raccontava in un’intervista il principe Carlo Caracciolo, grande amico di Ciarrapico nonostante le simpatie fasciste di quest’ultimo e la noblesse oblige dell’altro («ci piace mangiare la pajata insieme e bere Brunello di Montalcino»).
Ne parla anche De Benedetti dello zampino di Ciarrapico nella guerra di Segrate. «Alla fine Caracciolo ha tirato fuori dal cappello questo coniglio di Ciarrapico – spiega – e visto che le cose si giudicano dai risultati è servito, ha fatto un buon lavoro, ci ha portato ad un accordo, bene così». Bene così, dice. L’accordo, insomma, gli andava bene. Tanto da fare a Berlusconi «tanti cari e affettuosi auguri». «Auguri, ma veramente, per il successo delle sue tante imprese». Nessun rancore, apparentemente: «È una persona che certamente ha fatto bene in Italia, ha dato notevole impulso all’immagine dell’imprenditoria italiana all’estero. Sicuramente il Cavaliere ha tanti programmi davanti a lui e il mio augurio è che gli riescano tutti». […] Nell’intervista rivela anche i dettagli economici del patto: «Al gruppo Fininvest vanno circa 1.200 miliardi per quanto riguarda la totalità dell’82 per cento del gruppo Espresso che contiene il 100 per cento di Repubblica e di Finegil e poi la cartiera di Ascoli che paghiamo per i 180 miliardi che ci sono dentro». Il resto è storia recente, con la Cassazione che deve pronunciarsi sul maxi risarcimento deciso dal Tribunale civile di Milano nell’autunno del 2009, una somma che in appello è stata ridotta a 564 milioni di euro e sulla quale qualche soltanto giorno fa il Pg ha chiesto che venisse applicato uno «sconto» del 15 per cento.