(1) – Alfano: primarie per sindaci e premier
“Lo ribadisco ancora una volta, sono per le primarie ad ogni livello, anche per la scelta del candidato premier”. Lo afferma il segretario del Pdl, Angelino Alfano, indicando la linea del partito in vista dei congressi locali di dicembre. Il Pdl ricorrerà alle primarie per la scelta dei candidati sindaci e dei presidenti di provincia delle prossime amministrative. E con lo stesso metodo si sceglierà il candidato premier alle prossime elezioni politiche. “Stiamo scrivendo le regole per le incompatibilità tra incarico di partito e incarico di governo del territorio”, ha aggiunto Alfano, che ha poi chiarito la collocazione del Pdl rispetto al governo.
“Il governo Monti è un governo di tregua e non c’è una maggioranza politica a sostegno dell’esecutivo, quindi non serve una riunione di maggioranza, un vertice politico. Come noi, anche altre forze sostengono il governo e sarà Monti a fare le scelte più opportune” in merito ai sottosegretari. “Noi non faremo mancare il nostro sostegno, i nostri suggerimenti e consigli”, ma sempre tenendo presente che si tratta di un esecutivo di tregua, “la cui nascita è conseguente alla scelta di Berlusconi di non andare allo scioglimento delle Camere, ma di far nascere un governo per fronteggiare la crisi. Questa è la ragion d’essere di questo governo”. Quanto alle rose di nomi per i sottosegretari, Alfano ci ha scherzato sopra: “Se poteste vedere il falcone di nomi di tecnici che ho sulla scrivania…”.
Alfano è intervenuto anche sul partito con un post su Twitter: “Dopo il grande successo delle iscrizioni, si parte con i congressi. Si comincia a dicembre”. Così ha dato un colpo d’acceleratore ai congressi locali. Una decisione che conferma l’impegno di tenere il congresso nazionale nella prossima primavera, come ha detto il presidente Silvio Berlusconi nell’intervista al “Corriere della sera” di sabato scorso.
(2) – Monti continua l’azione di Berlusconi
La propaganda di sinistra aveva puntato su Monti per contrabbandare una svolta, una discontinuità, una rottura netta con il passato che invece finora non c’è stata, e difficilmente ci sarà anche con le misure future.
Ciò che il nuovo presidente del Consiglio ha fatto dall’insediamento è stato di confermare quanto era stato deciso dal governo di Silvio Berlusconi. Ultimo esempio, il rinvio al saldo 2012 di parte dell’acconto Irpef di novembre. Si tratta del 17% (rispetto al 99) che verrà differito al prossimo giugno in modo da lasciare soldi in più nelle tasche dei contribuenti in previsione del Natale, e di consentire a quanti guadagnano meno di non andare troppo in credito con il fisco. Sennonché il provvedimento – che Alberto Bufi, capogruppo Pd in commissione Finanze della Camera si è affrettato a definire “Un primo intervento, un buon segnale nella prospettiva di azione del nuovo governo” – non è un’idea di Monti, ma di Berlusconi e del precedente esecutivo. Addirittura del luglio 2010, finanziata allora con 2,3 miliardi, e resa strutturale con la Legge di stabilità, ultimo atto del governo di centrodestra.
Questa continuità non è un’eccezione. Due giorni fa c’era stato il decreto per Roma capitale, un atto del federalismo. E ancora prima l’impegno alla piena attuazione, appunto, della legge di stabilità, approvata il 12 novembre immediatamente a ridosso dell’incarico al nuovo premier.
Legge che ha recepito la risposta integrale, “precisa e puntuale” (definizione di Bruxelles) alle 39 domande poste dall’Unione europea. Monti ha poi fatto propri due impegni fondamentali di Berlusconi: l’anticipo al 2013 del pareggio di bilancio e l’inserimento del vincolo nella Costituzione. Il disegno di legge è stato presentato ieri alla Camera dal ministro Piero Giarda, con voto previsto il 29 novembre. Monti si è poi impegnato a dare piena attuazione alle due manovre estive, mentre il ministro dello Sviluppo e delle Infrastrutture Corrado Passera ha dichiarato di avere trovato “i cassetti pieni” di progetti di grandi opere lasciate dal precedente governo, e di voler partire proprie da queste come elemento centrale per rilanciare la crescita. Non solo. Il nuovo premier ha promosso e lodato la riforma della scuola e dell’Università, promettendo di implementarla attraverso i test di merito per i docenti.
Ora ovviamente tutti attendono le nuove misure, sulle quali il centrodestra si è detto disposto a collaborare lealmente a condizione che non vengano minati il risparmio degli italiani e patrimoni ottenuti a prezzo di sacrifici di una vita. La stessa reintroduzione dell’Ici, che il Pdl accetterebbe per senso di responsabilità avendola abolita nel 2008, avverrebbe come anticipo dell’Imu, la nuova imposta onnicomprensiva prevista anch’essa dal federalismo. Per non parlare dall’adozione in blocco della liberalizzazione delle professioni e soprattutto della riforma dei contratti di lavoro: cavallo di battaglia del centrodestra finora avversati in piazza e in Parlamento dalla Cgil e dal Pd. Ora certo è il caso di accelerare: ma che nessuno parli di svolta e di rotture.
La ricetta è la stessa. Ed evidentemente era una ricetta giusta.(3) – Governo, svegliati! Firmato: Repubblica
Persino Repubblica, che da subito ha cercato di mettere il proprio cappello con le piume sulla testa del neo-premier, deve fare un titolo a tutta prima pagina pieno di ansia: “Allarme Btp, pressing su Monti”. Traduzione: Monti muoviti, non vedi che lo spread tra i Bund tedeschi e i nostri Buoni decennali non scende anzi sale? È così. Il quotidiano di De Benedetti, che ha eletto insieme con il Corriere della Sera il senatore a vita a suo vessillifero, si mostra agitato, persino un tantino preoccupato.
Non ha torto. Il Popolo della Libertà ha offerto a Monti un leale sostegno. In questo momento però a quanto pare, al di là della sua personale cortesia e riconosciuto curriculum, non si capisce bene che cosa ci sia da sostenere.
Non ci sono sul tavolo né decreti né disegni di legge. E dire che durante i talk show ai quali nei mesi scorsi ha partecipato, e negli editoriali proposti domenicalmente, il Rettore pareva avere già pensato a lungo alle scelte necessarie. Ci rendiamo conto: tra gli studi e l’applicarli c’è di mezzo la politica, che è un mare meno navigabile di quello che separa la cattedra dai banchi degli studenti, eppure la politica oggi è – nelle sue componenti che restano diverse e antagoniste, com’è nella natura del gioco democratico – ben disposta. Non ha atteggiamenti preconcetti. Una volta che ci fossero linee chiare e distinte di intervento sull’economia, e soprattutto per la crescita (che è e resta una gravissima urgenza), non si farebbe nessuna melina, ma si esprimerebbero pareri precisi senza alcun ostruzionismo.
Monti è in sella a un cavallo baldanzoso, che finora si è spostato qua e là solo per visite di cortesia, piuttosto che con galoppate per disperdere o gli avversari palesi e occulti, interiori e forestieri, causa insieme alla crisi mondiale dei nostri guai. Insomma, siamo tutti intorno a Monti a fare pressing. Non per portargli via la palla, ma perché cominci a tirare in porta e magari fare goal.
(4) – In Germania nessuno compra i bund
Dopo il fiasco di ieri dell’asta di Bund decennali tedeschi (piazzati solo per il 60% dell’offerta e grazie ai massicci acquisti della Bundesbank), e con le istituzioni europee sempre più in disaccordo su come salvare in extremis la moneta comune, tutti scoprono le due ricette del governo di centrodestra italiano: gli Eurobond (che la Commissione Ue ha fatto propri, sempre ieri, nel proprio Libro verde, ribattezzandoli Stability Bond), e soprattutto la trasformazione della Bce in “banca prestatrice di ultima istanza”. In altri termini, di garante vero dell’euro come lo sono tutte le altre banche centrali del mondo per le rispettive valute.
Sul Corriere della Sera di oggi si esprime in questo senso l’editoriale firmato da Alberto Alesina e Francesco Giavazzi, dal titolo significativo: “C’è una sola via d’uscita”. Scrivono i due economisti: “A questo punto c’è un solo modo per salvare l’euro, un intervento forte della Bce”. Non mancano alcuni distinguo – la Federal reserve americana non compra i titoli dei singoli stati Usa – ma la ricetta è inequivocabilmente quella. Misura del resto richiesta con sempre maggiore insistenza dagli Usa, Inghilterra e da quasi tutti i paesi dell’Eurozona e della Ue. E finora strenuamente avversata da Angela Merkel. Eppure ieri la Bundesbank, la banca centrale tedesca, ha agito nell’asta dei Bund esattamente come non si vuole che faccia la Bce: comprando a mani basse e in fase d’asta i titoli invenduti. Ha cioè acquistato direttamente dal Tesoro tedesco, cosa illegale dal 1981 in Italia.
Sul Sole 24 Ore scrive, sotto il titolo “Il re è nudo”, Guido Tabellini, rettore della Bocconi e già candidato ad entrare nel governo Monti: “Paradossalmente questo evento potrebbe aiutare a sboccare la situazione per due ragioni. Primo, perché ha reso evidente a tutti che, nonostante la sua retorica, la Bundesbank di fatto continua ad agire come prestatore di ultima istanza nei confronti del governo tedesco. Secondo, perché potrebbe anticipare il momento in cui anche la Bce si convince che la stabilità finanziaria, e non solo la stabilità dei prezzi, è la sfida su cui si gioca la sopravvivenza della moneta unica”.
Esattamente le parole di Berlusconi, ripetute nel suo discorso di commiato. Allora la sinistra preferiva insistere sulle “colpe” e sulla “credibilità” del governo di centrodestra. Sono passati solo dieci giorni: ma il tempo è galantuomo, soprattutto rispetto alla propaganda. Oggi Monti incontra la Merkel e Sarkozy: c’è da aspettarsi da lui la difesa di queste giuste ricette.
Crisi/Cicchitto: per l’Europa Merkel e Sarkozy sono due problemi
”Bisogna capire il senso di alcune dichiarazioni della Merkel. Va a finire che per diverse ragioni i due problemi fondamentali dell’Europa stanno diventando da un lato lei e dall’altro Sarkozy”. Lo afferma il capogruppo del Pdl alla Camera Fabrizio Cicchitto.
”Per entrambi – spiega – il Carnevale e’ finito mentre tutta l’Europa e’ in piena Quaresima. In un volume dedicato al tema raccoglieremo tutte le dichiarazioni di esponenti politici, di banchieri, di esperti che sostenevano che il problema era Berlusconi, risolto quello gli spread sarebbero calati da 100 a 300 punti. Non parliamo poi di serissimi notisti del Corriere della Sera e di Repubblica, uno dei quali, il piu’ saccente, pontificava anche da Ballaro’. Cio’ detto, la situazione e’ serissima e abbiamo l’impressione che va anche aldila’ di cio’ che ci e’ stato detto in varie sedi, compreso il Parlamento”.
Crisi/Landolfi: per Sarkozy è finita l’epoca dei sorrisetti
“Sarkozy, incontrando i sindaci francesi, ha usato toni estremamente preoccupati in merito alla crisi finanziaria i cui effetti cominciano a sentirsi sotto la torre Eiffel”. Lo afferma il deputato del Pdl Mario Landolfi.
“Tutto finisce – aggiunge – anche la stagione dei sorrisetti ammiccanti e maliziosi che l’inquilino dell’Eliseo dosava a sapiente consumo della stampa internazionale per mettere alla berlina l’Italia ed il suo governo”.
“Ora che i tempi sono diventati cupi anche oltralpe, il sarcasmo cede posto ad una fastidiosa inquietudine. Ma non abbia paura: puo’ sempre allestire in quattro e quattr’otto un bel governo tecnico presieduto da un civil serva’nt e poi fare un bel passo (di quadriglia) all’indietro”, conclude Landolfi.
(5) – “Spread, chi accusava Silvio si scusi”
“La vita politica italiana ha bisogno di serieta’, onesta’ e rigore. Per questo mi aspetterei delle parole di scuse da parte di coloro che fino a poche settimane fa sostenevano selvaggiamente che l’aumento dello spread fosse legato al precedente governo e imputabile direttamente alla persona del presidente Berlusconi. Costoro oggi dovrebbero pronunciare parole di verita’ e provare un minimo senso di vergogna”. Lo afferma Sandro Bondi, Pdl.
Quelli che avevano detto: via Berlusconi da solo vale trecento punti di spread
Bersani (31-10-2011) – ”L’Italia e’ in pericolo, serve un colpo di reni. Servono subito delle novita’ politiche e riforme vere e immediate”. Oggi lo spread tra Btp e Bund ha sfondato di nuovo quota 400. […] L’Italia corre un serio pericolo. E’ del tutto evidente che le promesse del governo all’Unione europea hanno avuto un effetto nullo a causa della mancata credibilita’ dell’esecutivo e dell’inadeguatezza degli impegni. Ora non c’e’ piu’ il tempo per crogiolarsi con le favole. Per far ripartire l’Italia ed evitare guai peggiori c’e’ bisogno di un colpo di reni, di discontinuita’, di una chiara novita’ sul piano politico e di avviare decisioni di riforma vere e immediate”.
Donadi (31-10-2011) – ”Ecco i risultati della letterina di buoni propositi di Berlusconi all’Ue, un drammatico lunedi’ nero per la Borsa: Btp al 6.18, spread tra Btp e Bund a quota 400. Siamo sul Titanic ma, mentre l’iceberg si avvicina, il governo suona i violini. Serve una nuova nave, una nuova rotta e nuovi motori”.
D’Alema (7-11-2011) ”E’ evidente che il permanere di Berlusconi al suo posto e’ come una tassa imposta a tutte le famiglie italiane” ”Basta vedere cosa e’ successo in queste ore. E’ bastato che si diffondesse la voce che Berlusconi si fosse dimesso perche’ i tassi di interesse sui titoli pubblici cadessero”.
Buttiglione (8-11-2011) ”Berlusconi vale 300 punti di spread, sono punti della mancanza di fiducia nella politica italiana”.
Orlando (9-11-2011) “I mercati e l’Unione europea dubitano ormai fortemente delle promesse di Berlusconi. La sua inesistente credibilita’ ha fatto si’ che lo spread tra i Btp decennali e i Bund tedeschi e’ volato a livelli insostenibili e che la borsa di Milano e’ crollata. Non c’e’ piu’ tempo per l’Italia: il presidente del Consiglio se ne deve andare subito prima che sia troppo tardi”. […] “Noi non ci fidiamo del premier a tempo perso, come non si fida l’Unione europea, e continueremo a vigilare affinche’ l’Italia sia presto liberata da questo peso ingombrante che la sta affossando”.
(6) – Pd/Lavoro, il partito si spacca
A sinistra, e perfino su la Repubblica si stanno accorgendo che nessuno è in grado di fare miracoli. Nemmeno il professor Monti, accolto come il Messia dall’ex opposizione ma non dai mercati, che continuano a segnare record negativi. I nodi, insomma, stanno venendo al pettine molto prima del previsto, mentre si sfatano i luoghi comuni su cui l’ex opposizione aveva impostato tutta la sua azione politica, a partire dal teorema per il quale dopo le dimissioni di Berlusconi l’Italia sarebbe risorta. Leggende smentite dai fatti, che stanno ulteriormente incrinando la già precaria coesione interna del Pd. Per Bersani, dopo le esultanze di piazza e l’euforia seguite al cambio di governo, è già suonato il campanello d’allarme su uno dei capisaldi del programma di Monti: la riforma delle norme sul lavoro.
L’ala liberal guidato da Ichino ha infatti chiesto le dimissioni del responsabile economico del partito Stefano Fassina, bersaniano di ferro. Una richiesta perentoria e ben motivata: “Le sue posizioni appaiono in netta dissonanza rispetto alle linee di responsabilità e di rigore assunte giustamente dalla segreteria”.
A Fassina si imputa di aver criticato aspramente la linea di rigore e sviluppo assunta prima dalla Banca d’Italia e poi dalla Bce, e di ispirarsi alle vecchie culture politiche del secolo passato. Tra i punti chiave del dissenso rientra sicuramente l’articolo18 dello Statuto dei lavoratori, un articolo sul quale si scontrano i riformisti (disposti a modificarlo) e i conservatori (convinti che non vada toccato). In mezzo c’è Bersani, che sull’argomento è sempre stato più vicino a Fassina che a Ichino, ma che ora deve adeguarsi alla linea “liberal” imposta non solo da Bankitalia e dalla Bce, ma soprattutto da Monti.
Lo scontro tra le due anime del Pd sta dunque avvenendo ormai in campo aperto, con Ichino che in un’intervista all’Unità ha orgogliosamente rivendicato la sua proposta di flex-security, firmata da 54 senatori del Pd ma tenuta rigorosamente chiusa in un cassetto dalla segreteria Bersani. Quella stessa proposta che viene ora indicata dal governo tecnico (fortemente voluto e appoggiato dal Pd) come punto programmatico imprescindibile. Peccato però che autorevoli esponenti del partito, da Fassina agli ex ministri Damiano e Treu, fino all’ex leader Cgil Cofferati, siano ferocemente contrari a qualsiasi riforma che riguardi il lavoro. “Non credo sia possibile mettere in pratica le idee di Ichino, e cioè di mantenere l’articolo 18 per chi ha già un lavoro stabile e negarlo ai nuovi ingressi”, ha detto Damiano in un’intervista al “Riformista”.
La domanda adesso è: cosa succederà quando Monti – e questo avverrà molto presto – presenterà alle Camere il suo pacchetto di riforme, per il quale i presidenti Schifani e Fini hanno garantito un iter velocissimo? Il Pd voterà compatto o si spaccherà in due tronconi? E la Cgil cosa farà? Sono tutti interrogativi che non fanno dormire sonni tranquilli a Bersani, costretto a una mediazione per molti versi impossibile.
(7) – Pd/Bersani, il leader si squaglia
Una domanda semplice: le parole di Casini su Monti – “Si sta dimostrando più politico di tanti politici, è furbo e raffinato, non ha nulla da invidiare a Giulio Andreotti” – sono un elogio (con uno sfondo quirinalizio, come è stato detto da alcuni) oppure una ripresa in mano della situazione da parte della politica che ha già “digerito” il governo tecnico? La prudenza (o lentezza?) con cui procede il nuovo Governo circa le misure che erano considerate impellenti e indifferibili, che dovevano far schizzare la Borsa e abbattere lo spread, comincia a suscitare qualche perplessità. “Monti non può esitare – scrive oggi Repubblica – serve una svolta immediata”. Perché se i politici hanno bisogno di ragguagli tecnici prima di decidere, i tecnici, possiedono già gli elementi per prendere decisioni. Anche se non si può dimenticare che la crisi non è solo italiana ma europea e il grande indeciso è la Germania che condiziona tutti gli altri.
Gli effetti politici dei tempi lunghi che il Governo sta prendendo non si fanno però attendere. I primi e più dirompenti vengono dal Partito democratico dove il responsabile del partito per l’economia e il lavoro, Stefano Fassina, è stato messo sotto accusa dall’area liberal del partito. Mentre Veltroni cerca di calmare le acque, affermando che “il Paese ha ben altri problemi”, una interpretazione che viene data alla questione-Fassina è questa: si tratta di una mossa per mettere in difficoltà Pier Luigi Bersani o meglio l’alleanza di Vasto, prefigurata dal Segretario, tra Pd, Idv e Sel. Qualcuno ne approfitta per chiedere un congresso con il chiaro intento di rimettere in discussione l’attuale dirigenza. Perciò Bersani fa finta di niente: “Questa richiesta di dimissioni (di Fassina – ndr) non l’ho capita, la sua è la linea del partito”. Ma con questa che doveva essere una battuta, Bersani ha dimostrato proprio di restare in quella posizione equivoca che antepone le considerazioni interne di partito alla conclamata volontà di agire nell’interesse dell’Italia.
(8) – Processi Berlusconi, ennesima archiviazione
La magistratura romana ha archiviato il procedimento nel quale Berlusconi era indagato per aggiotaggio e insider trading sulla vicenda Alitalia. Il fatto si riferisce alle dichiarazioni, rese nel 2008, quando era capo dell’opposizione, di auspicio che fosse una cordata italiana a salvare l’azienda italiana. Questa è l’ennesima volta che i procedimenti che hanno coinvolto l’ex Premier si sono conclusi con una sentenza di archiviazione. Non si commette un errore, quindi, affermando che da quando l’On. Silvio Berlusconi è sceso in campo per servire il Paese è in atto una persecuzione da parte di certi magistrati appoggiati dalla sinistra, perché il leader del Pdl è stato coinvolto in oltre trenta processi, un record assoluto di tutta la storia dell’uomo nel mondo.
Ritornando al caso specifico della vicenda dell’Alitalia è importante dunque leggere attentamente il contenuto dell’ordinanza con la quale il presidente aggiunto dei gip di Roma, Meschini ha accolto la richiesta avanzata dal procuratore Rossi: si afferma che l’onorevole Berlusconi, nella primavera del 2008, “non diffuse notizie false né pose in essere artifizi idonei concretamente a provocare l’alterazione del prezzo delle azioni Alitalia poiché era intenzionato a trovare una valida alternativa all’offerta avanzata dalla società Air France Klm attraverso il reperimento di una ‘cordata’ di imprenditori italiani interessati all’acquisto della Alitalia così che la proprietà, e quindi la gestione di quest’ultima, rimanessero in ambito nazionale”.
Il leader del Pdl era stato indagato a fronte di una denuncia presentata da un piccolo azionista dell’Alitalia e per il gip, nei confronti dell’ex premier non ricorrono neppure gli estremi di reato dell’insider trading “poichè non risulta che lo stesso sia venuto in possesso direttamente di informazioni privilegiate, cioè di carattere preciso, che non siano state rese pubbliche, concernenti, direttamente o indirettamente, uno o più emittenti strumenti finanziari o uno o più strumenti finanziari che, se rese pubbliche, avrebbero potuto influire in modo sensibile sui prezzi di tali strumenti”.
La Procura aveva sollecitato l’archiviazione nel febbraio scorso e i magistrati inquirenti avevano sottolineato: “nell’esporre pubblicamente i suoi convincimenti e l’orientamento della sua parte politica sulla situazione di Alitalia, Berlusconi non ha diffuso notizie false, né posto in essere artifici, ma ha esercitato le sue legittime prerogative di politico e di parlamentare. In particolare si è pronunciato su una questione di interesse generale e di operare per la realizzazione della soluzione ritenuta valida. Ragionare diversamente significherebbe limitare arbitrariamente la libertà degli esponenti politici di qualunque parte politica di dibattere pubblicamente questioni e di adottare decisioni influenti su società quotate in borsa”. Sul punto lo stesso giudice Meschini sottolinea: “complessivamente i soggetti interessati all’acquisto della compagnia di bandiera erano quaranta; dieci di costoro divennero soci della Cai spa, futura concessionaria.
Dunque anche la circostanza dell’indicazione di Mediobanca, Eni, Benetton, Ligresti quali potenziali acquirenti, attribuita all’onorevole Berlusconi da Augusto Minzolini sul quotidiano La Stampa del 27/3/08 e prontamente smentita sia dal presunto autore che dai soggetti direttamente interessati, proprio perché inquadrabile in una serie di dichiarazioni sostanzialmente vere, volte a propagandare l’iniziativa dell’indagato ed ad attirare cospicui finanziamenti per l’operazione in esame (poi conclusasi nel senso voluto dell’onorevole Berlusconi), non è falsa ma rientra al più nella categoria delle notizie fuorvianti, per la cui diffusione è prevista la sola sanzione amministrativa”.
Insomma, ancora una volta Berlusconi non ha commesso alcun reato.
(9) – Dal berlusconismo alla struttura-lecca
Da Panorama, a firma Andrea Marcenaro
Titolo: “State calmi, non spingete nella corsa alla piaggeria”
Gli storici prendano nota. A febbraio operava la Struttura delta a favore di Silvio Berlusconi (Massimo Giannini, La Repubblica, dixit): «Per mettere a fuoco lo “spin comunicazionale” organizzare la controffensiva violenta con la quale il Cavaliere cercherà di distruggere la magistratura, la libera stampa, l’opposizione parlamentare e sociale».
Dolci, patetici ricordi. Da novembre opera piuttosto la Struttura lecca per l’onore di Mano Monti. Nata per un moto trasversale e spontaneo di intellettuali, politici e giornalisti al fine di leccare, incensare, ungere, lustrare, blandire, ingraziarsi e arruffianarsi il nuovo presidente del Consiglio tecnico. Detto, all’uopo, Supermario. La Struttura lecca non opera col fango, essa si avvale bensì della salivazione, la quale gode fra l’altro del vantaggio di riprodursi spontaneamente. Non ha bisogno d’incontrarsi, di affittare sedi, di seguire capi, essa lavora d’istinto. Slinguazza, direbbe una versione aggiornata del Devoto Oli. «E vedrà, presidente Monti, presto si toglierà la giacca delle conferenze per indossare un abito da combattimento, pur senza perdere il suo aplomb e la sua eleganza». Non sembri bavetta, questa di Francesco Rutelli, perché trattasi esclusivamente di saliva doc.
«La sua compostezza naturale, quell’ironia misurata che contraddistingue Monti, rassicura al tempo stesso il popolo e i mercati». Questo secondo pensiero, liquido la sua pane, è stato espresso da Ilvo Diamanti. Cui non l’aveva ordinato il medico, dato che le frescacce hanno un che di innocente e vengono dal cuore. Ma insomma.
Fra loden verdi e loden blu, tacchi bassi, fili di perle, biscotti fatti in casa e modeste casuzze di vacanza nelle vallate fuori mano, la rivoluzione della sobrietà ha trovato i suoi cantori. Lo spietato corrierista Aldo Cazzullo, che nel giorno della fiducia pende dalle labbra del ministro Andrea Riccardi dopo averlo inseguito a passettini lungo la vasca infinita del Transatlantico, riscatta con l’agio finalmente riconquistato gli anni duri dell’impaccio, fa di sì con la testa, sorride e ripete: «Ha ragione, ministro, ha ragione, ha proprio ragione». Il giorno appresso lo scriverà pure. Mario Calabresi, direttore della Stampa, è stato colto in discussione appropriata al Quirinale nel corso della quale, con sobrietà d’ordinanza, soppesava l’opportunità di ritornare ai pantaloni col risvolto. Non senza avere apprezzato, prima, il sobrio silenzio dei sobri ministri «che dovrebbero produrre pagine altrettanto sobrie sui giornali». Bianche, magari. La senatrice Anna Finocchiaro veniva attraversata dallo spirito epocale dell’il settembre: «Questo non è un algido esecutivo, niente sarà più come prima». La Struttura lecca è trasversale il leghista Roberto Castelli bracca Corrado Passera e lo abbraccia. Non eravate contro? «Ma lui è bravo. E da dove vengono quelli bravi? Dal Nord vengono, ecco da dove».
Il direttore del Tempo Mario Sechi, ex Struttura delta, con un colpo solo elogia Giorgio Napolitano, Monti e Passera che salveranno la Patria. Adolfo tirso, ex a sua volta di molte cose, dev’essersi convinto the il cervello sia talora un optional: «Il suo, presidente Monti, è un programma di destra liberale a metà tra Cavour e Minghetti!». «A me m’ha rovinato la guèra» si lamentava il Gastone di Ettore Petrolim «se non c’era la guèra a quest’ora stavo a Londra. Dovevo musicare l’orario delle ferrovie». Ora i nostri lo musicano, l’orario delle ferrovie. Mica li ha rovinati la guèra, è bastato lo spread.
(10) – “Il leader del PdL resta importante gode sempre di un vasto consenso”
Dai giornali di oggi, giovedì 24 novembre
Il Sole 24 Ore (Guido Tabellini) – Ormai è sempre più evidente che la risposta è negativa. Le riforme nazionali sono una condizione necessaria ma non sufficiente per arrestare la crisi. La ragione è che la sfiducia non riguarda più il singolo Paese, ma l’intera zona euro. Ormai si è diffusa la convinzione che le fondamenta stesse dell’euro sono viziate da un difetto costitutivo…
Corriere della Sera (Massimo Franco) – I vertici delle Camere offrono a Mario Monti una sorta di binario privilegiato per la sua manovra finanziaria. Ma il governo teme le «idi di gennaio»: la tentazione di una crisi dopo la sentenza della Consulta sui referendum elettorali …
La Repubblica (Massimo Giannini) – Nessuno si era illuso: il … Professore della Bocconi non poteva bastare a risolvere i guai dell’Italia. Ma ora che la «dittatura dello spread» pesa sulla democrazia dei popoli, Monti non può esitare: serve una svolta immediata, per uscire da questa crisi. La tempesta finanziaria è globale. Squassa l’Europa. Non più solo i paesi lassisti del Club Med: ormai persino la virtuosa Germania paga dazio, come dimostra l’inaudito insuccesso dell’asta dei Bund disertata dagli investitori internazionali (e soprattutto asiatici) in fuga dai titoli dell’intera Eurozona … Il differenziale sul Btp a due anni è salito a 700 punti, il più alto da quando esiste l’euro … Negli ultimi tre giorni si è insinuato il dubbio che il nuovo governo abbia scontato una partenza troppo lenta. Non solo rispetto alle attese dei mercati e dell’opinione pubblica, che erano e restano altissime. Ma anche rispetto alle urgenze dell’economia e della finanza, che erano e diventano sempre più drammatiche …
La Stampa (Marcello Sorgi) – Monti sembra preoccupato di assicurarsi il massimo di collaborazione istituzionale e garantirsi un iter spedito dei provvedimenti che si accinge a presentare. in Parlamento … Ma al di là della corsia preferenziale che le misure anticrisi del governo dovrebbero trovare alla Camera e al Senato, è il contenuto degli interventi che deve ancora essere messo alla prova del consenso dei partiti che hanno votato la fiducia a Monti … Sta diventando chiaro che per il presidente del Consiglio la strada del governo si presenta in salita anche più di quanto si poteva prevedere. Anche perché le tentazioni elettorali nei partiti sono tutt’altro che sopite.
Il Fatto Quotidiano (Paola Zanca) – I nuovi membri del governo poi sono alle prese con l’organizzazione delle segreterie dei ministeri … Per il governo del “fate presto“, insomma, bisogna aspettare ancora. I centristi la considerano una “flemma ragionata“, per cui “sembra lento“, ma “Monti ha chiara la scansione dei tempi“. Sarà, dice il deputato Michele Pisacane finora uno dei peones precettati quotidianamente e ora “decisamente più libero” : “Qui si accoltellano. State attenti: quando l’acqua è cheta, puzza“.
Il Giornale (Salvatore Tramontano) – Nessuno lo attacca. Nessuno lo fa deragliare. Nessuno gli mette i bastoni tra le ruote. Per una volta in Italia sembrano davvero remare tutti dalla stessa parte. Le alluvioni e le morti siciliane non generano bestemmie contro il governo di turno. Quasi non si parla più di crisi. Lo spread non è più uno spauracchio. I conflitti di interesse di qualche ministro vengono derubricati a faccenduole da superare con un minimo di buon senso. I govenatori delle Regioni non bussano più a denari. Le parti sociali spostano le invettive e le proteste contro Marchionne. I vescovi non predicano. Perfino quelli che occupano il teatro Valle si apprestano a spogliarsi degli abiti di scena da indignados. Quello di Monti insomma non è un governo tecnico, ma un esecutivo protetto da uno scudo magico, come se a tutelare il destino di premier e ministri ci sia una sorta di Merlino o l’ombra di un potere miracoloso. Con questi presupposti gli italiani devono pretendere da Monti il massimo. Non si possono accontentare di qualcosa che non sia al di sotto del miracolo …
La Stampa (La Jena) – Bisogna dare atto a Monti di non averci promesso la luna, infatti siamo al buio.
Il Tempo (Nicola Imberti) – Che potesse succedere era nell’aria. Dopotutto, negli ultimi mesi, il responsabile economico del Pd, Stefano Fassina, aveva discusso e litigato un po’ con tutti. Con il vicesegretario Enrico Letta in occasione della lettera inviata dalla Bce all’Italia (Fassina non la condivideva); con Matteo Renzi che, insieme al segretario Pier Luigi Bersani, aveva accusato di riproporre «vecchie ricette fallite»; con il senatore Pietro Ichino di cui, ovviamente, non condivideva le proposte su licenziamenti e mercato del lavoro. Normale per uno che è stato più volte accusato di vicinanza eccessiva alla Cgil. Poi è arrivato Mario Monti che, invece, quelle ricette «recessive» le condivide e le vorrebbe realizzare. E la posizione di Fassina è notevolmente peggiorata. Al punto che, davanti alle critiche ricevute, il responsabile economico del Pd ha invitato gli avversari a uscire allo scoperto. Detto, fatto. Ieri l’ala liberai del Pd, capitanata da Enzo Bianco insieme a Ichino, ha chiesto con una lettera le dimissioni del “nemico” …
Italia Oggi (Pierre De Nolac) – La Lega mette in crisi Gianfranco Fini. L’unica forza di opposizione al governo presieduto da Mario Monti sta facendo venire l’orticaria al numero uno di Montecitorio e leader di Futuro e libertà … Con un bel gesto, Massimo D’Alema aveva messo a disposizione la sua poltrona, quella del Copasir, mettendo però in imbarazzo Fini, uno che ha sempre visto le dimissioni come un incubo. Anche perché è stata proprio la Lega a chiedere, con fermezza, l’allontanamento di Fini dalla presidenza di Montecitorio, dopo la spaccatura nel Pdl (e ben prima del polverone sulla casa di Montecarlo). Fini allora si è inventato il criterio della «proporzionalità o, ove previsto dalla legge, della rappresentanza di tutti i gruppi» …
Libero (El. Ca.) – … Il Leader dell’Udc: “Io sarei molto cauto prima di suonar il de profundis per il Pdl: perché Berlusconi resta un leader importante, ha ancora un vasto consenso”