(1) – Berlusconi: l’Italia ce la farà
Da Marsiglia, a margine del vertice del Ppe, Silvio Berlusconi difende l’Italia e la situazione dei conti pubblici, ‘consiglia’ a Monti di porre la fiducia sulla manovra, e chiede alla Bce di intervenire.
Manovra – “Tutto è migliorabile: nel sistema italiano, per la nostra architettura istituzionale, il governo suggerisce e il Parlamento, che discute, decide e vota. L’Italia ce la farà, non ho mai avuto dubbi, siamo il secondo Paese dopo la Germania, prima di Francia e Gran Bretagna, se sommiamo il debito pubblico e la finanza privata”. E ricorda come il risparmio privato soprattutto delle famiglie in Italia sia molto alto. Molto più alto degli altri Paesi europei. E dunque se pure abbiamo un debito pubblico a livelli spaventosi, i due dati si avvicinano quasi a compensarsi.
Crisi – “L’Italia sta facendo la sua parte per consentire all’Europa di uscirne”. Per questo, la manovra sta dando i suoi risultati: “ci stiamo riuscendo con questo provvedimento che una sola coalizione politica non poteva approvare”.
Ici e Chiesa – “So che tutte le risorse che la Chiesa risparmia le dà in opere di aiuto a chi ha bisogno, su questo quindi ho lasciato ai membri del mio partito piena libertà”.
Frequenze TV – “C’è molta freddezza sull’ipotesi di indire un’asta le frequenze per il digitale terrestre, io non ho un’opinione, ma temo che se ci fosse da fare una gara potrebbe essere veramente disertata da molti”.
Bce – “Se non si arriverà a dare alla Banca Centrale Europea un ruolo di ultima garanzia, e cioè che possa gestire i debiti sovrani degli Stati non si risolverà nessuna situazione”.
Merkel e Sarkozy – Infine, a chi gli chiede se i rapporti con i due leader europei siano tornati positivi: “abbiamo chiarito, non c’è mai stato un problema. Ci sono state nel frattempo numerose telefonate tra noi”.
(2) – Analisi/A Bruxelles le speranze nell’euro, a Marsiglia la certezza del partito europeo
Speriamo che ancora una volta, giunti sull’orlo del precipizio, i leader dell’Unione Europea incontrino quell’attimo fuggente di saggezza che in altre difficili occasioni li ha portati comunque all’accordo. Speriamo che la difesa, pure obbligata, dell’euro non finisca per stravolgere l’Europa. Intanto la Francia continua a lanciare pesantissimi allarmi sul futuro dell’euro; la Gran Bretagna dice che non firmerà mai accordi che mettano a rischio la City di Londra e i suoi affari; la Germania insiste con i suoi “no” ripetuti contro ogni cambiamento, sia esso rappresentato dagli Eurobond sia da un ruolo diverso della Banca Centrale Europea più simile a quello della Riserva Federale americana. La reazione dei mercati finanziari al vertice europeo di Bruxelles, di fronte alle solite indecisioni, è stata di insolita durezza: gli “spread”, il differenziale tra i titoli di Stato tedeschi e quelli degli altri Paesi europei, sono saliti alle stelle, addirittura a quota 440 in Italia, mentre i titoli bancari, puniti a loro volta da una dichiarazione del Governatore della Banca Centrale, crollavano in tutte le Borse.
In questo fine settimana in cui la paura torna ad affacciarsi in tutto il continente, anche il vertice del Partito Popolare europeo a Marsiglia ha registrato l’acuirsi del dissidio tra Francia e Germania, come ha raccontato il Presidente Berlusconi ai suoi deputati riuniti per salutarlo al rientro in una grande assise europea. Proprio l’acuirsi di tale dissidio ha reso difficile anche qui trovare un accordo sul rilancio di questo grande partito popolare, il più forte del continente, anche in vista delle prossime elezioni in Francia e Germania dove i sondaggisti preannunciano che i rispettivi membri del Ppe al potere rischiano di uscire puniti dagli effetti negativi della crisi finanziaria globale sull’opinione pubblica.
Le soluzioni europee di cui si parla in queste ore, soprattutto una eventuale divisione tra Eurozona a diciassette e Unione Europea a ventisette, certamente non favoriscono lo spirito d’intesa neanche all’interno delle formazioni politiche. Ma la riunione di Marsiglia ha fornito, comunque, indicazioni importanti. Da un lato, il riconfermato ruolo del Presidente Berlusconi nel consesso dei leader dell’Europa, quasi a smentire, se ve ne fosse stato bisogno, le critiche maligne di certi giornali e di certi opinionisti. Dall’altro lato, la riconferma del ruolo insostituibile del Popolo della Libertà all’interno della grande compagine dei popolari d’Europa.
È venuto da Marsiglia l’apprezzamento di tutti per un partito che può vantare un milione duecentomila iscritti e la guida di un segretario giovane e ben preparato, proiettato verso il futuro e verso anche una vittoria più che probabile nelle elezioni che si terranno alla fine del periodo destinato al Governo tecnico, quelle elezioni che al momento bon promettono nulla di buono negli altri Stati membri del Ppe. Certamente, dai vertici di Marsiglia e di Bruxelles esce un’altra robusta e netta considerazione: la linea indicata dal nostro Governo è quella che proprio in queste ore si riconferma esatta. Non vi era prima né vi è adesso un modello tedesco da seguire, non ci sono miracolose locomotive, la strada dello sviluppo economico è difficile per tutti.
Manovra/Cicchitto: il PdL insiste sulla modifica per l’Ici
”L’obiettivo del Pdl e’ arrivare innanzitutto a un punto fermo, perche’ il quadro economico internazionale non mi sembra affatto rassicurante. Noi avremmo scritto questo decreto in maniera diversa, ma auspichiamo che ci siano alcune, se pur limitate, modifiche alla manovra, in primo luogo sull’Ici”. Il capogruppo alla Camera del Pdl, Fabrizio Cicchitto, parlando a Montecitorio, ribadisce la necessita’ di modifiche della manovra sulla casa.
”Nel testo -dice Cicchitto- ci sono altri errori e distorsioni ma non hanno un particolare significato politico. Si vede, comunque, che il decreto e’ stato scritto in grande fretta. Noi chiediamo modifiche sull’Ici al fine di ridurre il peso sulle famiglie numerose e sui giovani, magari che hanno acceso un mutuo”.
E ancora: ”il problema dei costi della politica va affrontato con rigore ma anche con senso di equilibrio. I municipi costituiscono un elemento istituzionale della democrazia comunale nelle grandi citta’. Allora e’ giusto ridurre i costi anche di queste strutture che per esempio a Roma gestiscono gli interessi e le esigenze, territorio per territorio, di circa 200-300 mila persone, ma essi non possono essere totalmente annullati. Ricordiamo in ogni caso che i costi inerenti i Municipi sono stati gia’ fortemente ridimensionati a seguito di due precedenti interventi”.
(3) – Noi sempre decisivi per il governo
Il Pdl ha conquistato una centralità politica sia nel Ppe, come si è visto a Marsiglia, sia nei confronti del governo tecnico di Monti. Ciò è frutto della validità della scelta di sostenere il nuovo governo e del senso di responsabilità dimostrato dal Presidente Berlusconi. Il nuovo profilo politico di Berlusconi, inoltre, privo di risentimenti e ispirato unicamente al bene dell’Italia, è apprezzato e piace alla gente, che si è dimostrato un vero uomo di Stato. Anche il nuovo corso del Pdl, impersonato con efficacia da Alfano, ha un notevole successo e rappresenta un motivo di forza e di speranza nel futuro. Questo quadro spiega le ragioni per le quali il Pdl, dopo le dimissioni del governo, non è stato relegato ai margini della scena politica, come molti probabilmente si auguravano. In primo luogo, non è accaduto questa volta il fenomeno che si era registrato con il governo Dini, che era di fatto divenuto un governo della sinistra, complice il ruolo del Presidente Scalfaro.
Oggi la maggioranza che sostiene il governo Monti è rappresentata dal Pdl, dal Pd e dal Terzo polo, senza che nessuno prevalga né dal punto di vista politico né da quello dei contenuti dell’azione del governo. Anzi, dal punto di vista politico il ruolo del Pdl e del Pd è senz’altro più netto di quello del terzo polo di Casini, nonostante il tentativo leader dell’Udc di conquistarsi un ruolo di protagonista dell’operazione e di sostegno al governo.
Anche a livello europeo, l’autorevolezza del Presidente Berlusconi non è scalfita, come si evince dall’invito al vertice informale dei capi di stato e di governo svoltosi a Marsiglia. Anche Casini, con la sua assenza ai lavori del Ppe, ha dovuto riconoscere che il ruolo del Pdl resta fondamentale anche nell’ambito del Ppe. Speriamo che ne tragga le dovute conseguenze.
(4) – Noi per una casa comune dei moderati
Il Popolo della Libertà rivendica di essere oggi in Italia e in Europa il più coerente sostenitore dello spirito fondante del Partito popolare europeo. Per questo scandisce con convinzione – come ha fatto nelle assise di Marsiglia il segretario Angelino Alfano – il riferimento ai valori liberali e cristiani di Alcide De Gasperi e riprende in concreto, con proposte precise riferite alla gestione della crisi euro, il suo spirito europeista. Uno slancio, quello europeista, oggi messo tra parentesi da alcuni leader europei del Ppe, con spinte di egoismo nazionale e l’evidenza di desideri e pratiche egemoniche che rischiano di vanificare la costruzione europea.
Il futuro del Pdl è chiaro, è nel Partito popolare europeo. Così com’è chiaro che non intende giocare in esso un ruolo marginale o da ospite: è nato formalmente tre anni fa, ma le sue radici affondano nelle sorgenti e nella tradizione del Ppe. Il quale è il maggior partito presente nel Parlamento dei Ventisette proprio grazie alla presenza e al contributo determinante del nostro gruppo guidato da Mario Mauro. Allo steso modo il Pdl ha una vocazione maggioritaria (“abbiamo un milione di tesserati” ha rivendicato Alfano) e non di nicchia; ovunque – anche nell’assemblea di Strasburgo – il Ppe è alternativo alla sinistra, così noi in Italia. Non a caso Alfano si è riferito, nel suo intervento, alla grande tradizione espressa, oltre che da De Gasperi, da Adenauer e Schumann. Costoro concepirono l’unità dell’Europa non come una crosta superficiale ed in fondo formale, ma come l’essenza per garantire un futuro pacifico e prospero. Con un progetto che resta indispensabile e urgente, oggi come allora, non solo per il nostro continente ma per il mondo, viste le responsabilità nei conflitti mondiali del 20° secolo dei Paesi fondatori e firmatari del Trattato di Roma (non a caso sottoscritto, appunto, nell’Urbe).
Sono questi i contenuti che Alfano ha rilanciato al Congresso di Marsiglia riaffermando nell’oggi la vocazione coerentemente europeista del nostro partito.
Il Pdl chiede al Ppe di pensare alla costituzione degli Stati Uniti d’Europa. Al cui interno la Banca centrale europea sia garante dei debiti pubblici in ultima istanza, permettendo così di far fronte alla drammatica crisi della zona euro.
La presenza e la partecipazione al vertice dei capi di Stato di Silvio Berlusconi marca l’importanza e il ruolo forte che il Pdl sta giocando, mentre Sarkozy e Merkel sono a disagio tra di loro, con rischi enormi per tutti. In Italia è palese che la presenza di più partiti riferiti al Ppe sia una anomalia; e il Pdl, come già proposto nel suo primo discorso da segretario di Angelino Alfano il 1° luglio scorso, intende se stesso, senza chiusure di nessun tipo, come grande artefice di un grande e comune cantiere di lavoro del Partito popolare europeo in Italia, anche per essere più forti in Europa. Altrimenti diventeremmo tutti esponenti di un Partito popolare europeo che, con i suoi leader, ha contribuito a ridurre in cenere il sogno di De Gasperi.
(5) – Lo spread si conferma problema globale
Venerdì 5 agosto lo spread Btp-Bund scavalcò per la prima volta la soglia dei 400 punti: per l’esattezza raggiunse i 412. Fu allarme rosso: per intervenire a sostegno dei nostri titoli pubblici la Bce inviò al governo italiano una dettagliata lettera di condizioni firmata anche da Mario Draghi, allora ancora governatore della Banca d’Italia. Silvio Berlusconi convocò in piena estate il consiglio dei ministri, i parlamentari rientrarono a Roma e venne approvata una seconda manovra (dopo quella di luglio) che tra l’altro conteneva l’anticipo al 2013 del pareggio di bilancio, la riforma del mercato del lavoro, le liberalizzazioni, una stretta fiscale.
Stamani lo spread è tornato a quei livelli, superandolo anzi abbondantemente, ed aprendo intorno a 460 punti. Nel frattempo il governo Berlusconi ha approvato, dopo la manovra di agosto, la legge di stabilità per un importo di circa 70 miliardi; ha risposto alle 39 domande poste in modo ultimativo dalla Commissione europea, ha accettato la consulenza del Fondo monetario internazionale. Berlusconi ha fatto il famoso passo indietro e al suo posto si è insediato Mario Monti alla guida di un governo di supertecnici. Un esecutivo “del presidente”, cioè del Quirinale, che ha avuto una maggioranza parlamentare senza precedenti, con la sola Lega all’opposizione.
Monti ha varato un’altra manovra, da 30 miliardi lordi, particolarmente dura per i pensionati ed i proprietari di case, comprese le prime. Senza vincoli politici, il governo tecnico ha potuto di fatto abolire le pensioni di anzianità; ha reintrodotto l’Ici sulle prime abitazioni; ha portato la pressione fiscale al 45%; ha annunciato controlli tributari sui conti correnti e sulla vita privata dei cittadini. Eppure la situazione dell’Italia in Europa, dopo l’effetto-annuncio delle settimane scorse (con lo spread comunque mai sotto i 350 punti) non si risolve. Che il problema non sia solo italiano, ma soprattutto europeo?
Berlusconi lo aveva detto fin dall’inizio, pur ammettendo di avere avuto come premier le mani legate dai vincoli di coalizione. Lo scontro a Bruxelles tra il gruppo dell’Europa a 17 – quella dell’euro – guidato ed egemonizzato da Angela Merkel, e la Gran Bretagna e i suoi alleati; ma soprattutto l’indecisione dell’eurozona nel dotarsi di strumenti anti-speculazione, confermano che la malattia è più a Bruxelles che a Roma. La Bce di Mario Draghi lancia messaggi contraddittori e soprattutto non riesce ad essere banca garante della moneta unica, né a coinvolgere altre entità come il Fmi.
Gli italiani i compiti a casa li stanno facendo, e sono compiti durissimi. Abbiamo accettato disciplinatamente un governo che non abbiamo eletto. Non vorremmo però essere l’alibi dei contrasti, delle indecisioni e soprattutto degli interessi altrui, Germania in testa. E che, al di là della retorica, questa Europa sia sempre più un gigante dai piedi di argilla: tanti sacrifici per cosa?
(6) – Ma l’uomo della Provvidenza non esiste
Il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, ha spiegato stamani in Parlamento che la manovra Monti porterà la pressione fiscale al 45%, record storico, ed avrà un effetto recessivo pari a mezzo punto di Pil. Sommato al meno 0,5% già previsto, si rischia un 2012 di piena recessione. Lo spread è tornato abbondantemente sopra quota 400, e ovviamente ci auguriamo che ridiscenda presto. Le nostre banche sembrano in balìa delle decisioni delle authority europee influenzate dalla lobby franco-tedesca. C’è il sospetto che cerchino di rifarsi sul fronte interno imponendo a tutti l’obbligo di aprire un conto e di avere almeno un bancomat, cosa che certamente non sta scritta nella Costituzione.
Che cosa c’è nella manovra in gran parte lo sappiamo: stretta sulle pensioni, abolizione di fatto di quelle di anzianità, reintroduzione dell’Ici sulla prima abitazione con aumento del 60%, fine della privacy bancaria e poteri assoluti al fisco. Ma ancora non conosciamo tutto perché i dettagli emergono col contagocce. Monti ha poteri pressoché assoluti e il Parlamento, più che correggere, cerca di limare qua e là. Il suo governo è di emanazione presidenziale ed è composto da alcune persone di buon livello. Non deve rispondere a nessuno, non è stato eletto dai cittadini.
Il premier gode di considerazione assoluta da parte della stampa, dei talk show, della politica interna e dei famosi media internazionali. E’ stato accolto da un boom di popolarità del 73% (ora sceso di dieci punti abbondanti). Il Popolo della Libertà e Silvio Berlusconi in persona gli hanno garantito subito pieno e responsabile appoggio.
Eppure, neppure Mario Monti, i suoi professori, i suoi tecnici e banchieri, finora hanno fatto miracoli. Non ce ne rallegriamo: l’Italia e gli italiani hanno bisogno di uscire dall’emergenza e di pensare al lavoro e al futuro, anziché leggere ogni mattina un bollettino di guerra. Ma, come si vede, l’uomo della Provvidenza non esiste. E la “credibilità”, ora che Berlusconi ha volontariamente ceduto palazzo Chigi, è qualcosa che deve ancora trovare riscontro nella pratica.
(7) – Monti governa, la sinistra va in pezzi
La foto di Vasto è già un ricordo sbiadito con Vendola sull’Aventino e Di Pietro all’attacco del governo Monti e del Pd. Ormai è chiaro che più questo esecutivo andrà avanti, più la sinistra e lo stesso Partito democratico rischieranno di andare in frantumi. Stanno già volando gli stracci in pubblico, e l’ex pm in un’intervista all’Unità ha accusato apertamente Bersani di avere “un atteggiamento intimidatorio e ricattatorio” nei confronti dell’Idv e di aver fatto accordo sottobanco con Berlusconi. Dopo pochi giorni di collaborazione critica, insomma, Di Pietro è già tornato alla carica nel tentativo di lucrare consensi al suo maggior alleato, cosa certo non nuova visto che è da sempre il suo sport preferito.
Insomma, al primo scoglio senza più Berlusconi come avversario comune, le contraddizioni del centrosinistra sono venute tutte insieme a galla. Il Partito democratico, che ha fortemente voluto Monti, ora si trova a fare i conti con l’allontanamento forse definitivo delle forze con cui voleva presentarsi alle prossime elezioni e – al suo interno – con il riesplodere dello scontro ideologico tra l’anima ex Ds di Bersani e del responsabile economico Fassina e quella riformista che si riconosce intorno al giuslavorista Ichino. Tanto per fare un solo esempio, mentre la segreteria del Pd sta facendo di tutto per convincere Monti a mitigare lo scalone previdenziale di sei anni, Ichino dalle pagine del suo blog ha attribuito un voto molto elevato (8,5) alla riforma delle pensioni. Riforma contro cui tutti i sindacati, Cgil in testa, hanno già promesso battaglia di fronte al diniego del ministro Fornero di aprire una trattativa in merito. C’è da chiedersi cosa sarebbe accaduto se una manovra di questa portata fosse stata presentata dal governo Berlusconi: piazze invase dal popolo viola e indignati in mobilitazione permanente con la benedizione, ovviamente, del Pd. Il quale oggi si è invece confinato nel recinto di responsabilità imposto da Napolitano, col rischio di perdere i contatti sia con i suoi alleati per il 2013 che con i suoi antichi referenti sociali. Questo mentre resta sullo sfondo un patto politico col terzo polo molto complicato da realizzare, prima di tutto per la consapevolezza di Casini dei rischi che correrebbe l’Udc alleandosi con Bersani, e poi per la possibile emorragia di consensi a sinistra che il Pd sconterebbe con la svolta centrista. Un bel rompicapo per tutta la dirigenza del Pd.
(8) – Promossa la riforma della scuola
I numeri della rivoluzionaria riforma della scuola e dell’Università realizzata dal governo Berlusconi non hanno precedenti: 67mila le assunzioni a tempo indeterminato scattate a settembre di quest’anno – circa 30.500 prof e 36.500 tecnici amministrativi. Ottocento i corsi di laurea cancellati perché superflui e con pochi iscritti. Un miliardo e seicento milioni i fondi da destinare agli enti di ricerca; 14,9% la percentuale di docenti assunti con contratto a tempo determinato, cioè il 3 percento in meno rispetto al dato degli Esecutivi precedenti. Sono cifre che promuovono a pieni voti la riforma della scuola e dell’Università.
Una riforma che ha avuto come imperativo categorico la riduzione degli sprechi, l’aumento dell’occupazione, la guerra ai nepotismi e l’eliminazione di corsi inutili e dispendiosi.
Ecco cosa è cambiato.
- Nel ciclo dell’istruzione, vale a dire la scuola dell’infanzia, elementare, media e superiore, è stato abolito il modulo “tre maestre su due classi” e reintrodotto il maestro prevalente o unico. Ritorno del voto sul comportamento a partire dalle medie con bocciatura di fine anno per gli studenti con il 5 in condotta. Razionalizzati gli indirizzi sperimentali delle superiori: erano oltre quattrocento, sono stati ridotti a sei licei, con la novità del musicale e coreutico.
- Per l’Università: introdotto il sistema di valutazione affidato all’Anvur – l’agenzia preposta – che è stato avviato insieme a quello di accreditamento per i corsi e le sedi e l’abilitazione nazionale per i docenti. Blocco dei finanziamenti a pioggia che verranno erogati solo in proporzione al raggiungimento dei risultati. Addio baronati e nepotismi con l’adozione obbligatoria di un codice etico, per innalzare la qualità e premiare il merito. Monitoraggio costante della situazione economica: con i bilanci in rosso negli Atenei scatterà il commissariamento. Lotta agli sprechi grazie all’eliminazione di quasi ottocento corsi di laurea pleonastici. Avvio degli istituti tecnici superiori, gli Its, dei veri e propri canali formativi – mai diventati operativi in 37 anni dal primo tentativo di start up – che istruiranno, alla pari delle università, tecnici altamente specializzati con profili professionali qualificati e pronti per il mondo del lavoro.
- Sul fronte docenti e occupazione: infornata di 67mila assunzioni a tempo indeterminato, cifra che non trova precedenti nemmeno nella storia dei governi di centrosinistra.
- Per la ricerca: il Fondo per gli enti e le istituzioni finanziato dal ministero ha ripartito oltre 1,6 miliardi di euro.
Da questa elencazione si deduce che la riforma ha messo in campo modifiche sostanziali e dirimenti. E’ giusto sottolineare però che se l’Esecutivo avesse avuto la possibilità di concludere la legislatura altre questioni ancora sul tavolo, come l’accesso alla professione docente e la progressione della carriera, sarebbero state affrontate e probabilmente risolte. Ma se il nuovo ministro dell’istruzione Francesco Profumo afferma che “non servono nuove riforme” vuol dire che quanto realizzato dal governo Berlusconi per la scuola e l’Università è stato promosso anche dai tecnici.
(9) – Manovra, aspetti depressivi
Da Economy, a firma Gianpiero Cantoni
“Il compromesso di Monti e il dovere del Parlamento”
La manovra del governo Monti è dura e alleggerirà le tasche degli italiani. Questo è un fatto. Ma la severità della manovra doveva essere commisurata ai rischi che ha la missione di scongiurare. Ci prenderemmo in giro se non dessimo conto che la possibilità di un default italiano, pure incongruo se uno tiene presenti i fondamentali dell’economia italiana, è stata oggetto di frequenti discussioni in tutti i consessi che contano. Innanzi allo spettro del default, bisognava agire – e con urgenza. Mario Monti l’ha fatto, rendendo operativa in breve tempo una squadra di ottimi tecnici.
Ci sono aspetti della manovra che sono inevitabilmente depressivi. L’azione congiunta su imposta di bollo e Imposta municipale unica (Imu) porta di fatto al determinarsi di un’imposta patrimoniale. La patrimoniale è un salasso sgradevolissimo perché colpisce il risparmio che è già stato scremato come reddito. Un attento lettore di Luigi Einaudi come Monti dovrebbe saperlo: e infatti contro la patrimoniale hanno scritto anche due insigni collaboratori dello stesso quotidiano per cui scriveva Einaudi e per cui scriveva Monti, il Corriere della sera, cioè Alberto Alesina e Francesco Giavazzi.
Credo che Monti si sia piegato all’inevitabile: un compromesso politico. La sinistra ha preteso che «anche i ricchi piangano» per accettare una riforma delle pensioni ormai ineluttabile, e che avrebbe anche profili di equità, proprio perché immaginata da una strenua paladina dell’equità inter-generazionale quale è il ministro del Welfare Elsa Fornero. Ciò, ovviamente, al netto della misura sulle indicizzazioni. Un brutto provvedimento, che tocca i più deboli innanzi alla tassa più insidiosa perché occulta: I’inflazione.
Ma c’è anche del buono nella manovra. L’intervento sull’Irap dà ossigeno alle imprese, che è proprio ciò che serve di questi tempi. L’abbiamo sempre sostenuto, in questa rubrica: l’Irap è una vera «imposta-rapina», era impossibile che fosse ritenuta intoccabile solo perché originariamente promossa dal centrosinistra.
Certo, resta molto da fare. Questa manovra è dura perché ambiziosissima: non deve salvare solo l’Italia, ma l’Europa. L’Italia deve essere salvata in altro modo: mettendo in campo non manovre ma riforme. La riforma del mercato del lavoro. Un grande progetto di deregulation. Una robusta serie di semplificazioni, che aiutino anche e soprattutto il comparto infrastrutturale. Sono queste le riforme imprescindibili per tornare a crescere. Altrimenti, resteremo al palo. Monti ha la opportunità politica di fare ciò che né destra né sinistra potrebbero permettersi senza naufragare. La sostenibilità politica di Monti e della sua odierna manovra e di ulteriori mosse consiste paradossalmente nella volontà conclamata del neopremier di non presentarsi come leader politico e di non ambire di diventarlo.
Quest’ennesima iniezione di rigore di bilancio serve, più che altro, a stabilizzare I’area euro. E anche una sorta di «buon esempio»: Monti insegna agli altri governanti europei che si possono fare sacrifici straordinari. Siamo facili profeti se diciamo che la Spagna di Mariano Rajoy dovrà presto seguire il suo esempio.
Il sacrificio più faticoso è richiesto ai partiti. Non comincino a difendere ognuno il suo orticello. Accettino la sfida. Rilancino sulla crescita. Oggi serve tanto, tantissimo senso di responsabilità. Il Pdl ha un buon esempio in Silvio Berlusconi, che ha accettato la rinuncia più dura per il bene del suo Paese. Ecco, ora il Parlamento deve fare il bene del Paese. Sostenendo il governo e dandogli idee. Non mettendogli i bastoni fra le ruote perché si comincia a sentire profumo di elezioni.
(10) – A Berlusconi il riconoscimento del Ppe per il suo grande senso di responsabilità
Dai giornali di oggi, venerdì 9 dicembre
Il Sole 24 Ore (Guido Tabellini) – In tutto il mondo, la conduzione della politica monetaria si regge su un principio fondamentale: la centralità delle aspettative. In tutto il mondo, tranne che nell’area euro: la Banca Centrale Europea (Bce) sembra essersi dimenticata di questo principio fondamentale. Nei giorni scorsi, i mercati finanziari si stavano stabilizzando, perché finalmente cominciava a intravedersi una via d’uscita dalla crisi dell’euro. La via d’uscita aveva tre passaggi. Primo, i paesi sotto attacco (e in particolare l’Italia) avrebbero adottato misure importanti per risanare i conti pubblici e sostenere la crescita. Secondo, il Consiglio europeo avrebbe affrontato in modo credibile il problema dell’azzardo morale, rinforzando significativamente la sorveglianza europea sulle politiche economiche nazionali, e imponendo ai paesi dell’euro di adottare vincoli costituzionali di bilancio in pareggio. Terzo, e in sequenza, la Bce si sarebbe sentita più libera di affrontare il problema della stabilità finanziaria anche intensificando gli acquisti di titoli di stato dei paesi sotto attacco. Nella conferenza stampa di ieri, il Presidente della Bce ha esplicitamente e ripetutamente chiuso il terzo passaggio … Risultato? Il rendimento dei BTp decennali è istantaneamente tornato vicino al 7%, la Borsa italiana è crollata di oltre 4 punti, e i mercati finanziari sono ripiombati nel caos … Per avere fiducia, i mercati devono vedere un cambiamento di regime di politica monetaria. Cioè devono aspettarsi un comportamento diverso della banca centrale …
La Stampa (Amedeo La Mattina) – Ha voluto fare una rentrée con la visibilità del padre della Patria … Il ritorno del Cavaliere sul palcoscenico europeo è fatto di amarezza, sollievo e soddisfazione. Amarezza per non essere più il premier italiano. Sollievo perché non deve affrontare un momento tanto drammatico per l’Europa. Si è reso conto di quanto catastrofico sia, ascoltando Sarkozy durante un colloquio informale a margine del summit dei capi di Stato e di governo al quale hanno partecipato anche i leader dei partiti aderenti al Ppe. Il presidente francese gli ha espresso tutta la sua preoccupazione per le sorti dell’euro e l’irritazione per l’atteggiamento della Merkel …Ecco, si è così tolto un sassolino dalla scarpa, attaccando la Merkel e ha avuto anche la soddisfazione di ricevere un applauso dai suoi ex colleghi, quando il presidente dei Popolari Martens ha ricordato il senso di responsabilità e il sacrificio fatto da Berlusconi dimettendosi … Sì, il Cavaliere … a Marsiglia fa il padre della Patria …
Libero (Fosca Bincher) – La velina del minculpop, mese primo dell’era Mario Monti ha fornito la parola chiave: “sobrio”. E nessuno ha disobbedito. Ieri mattina qualsiasi giornale italiano ha raccontato la prima alla Scala inserendo almeno un “sobrio” nel titolo. All’Epoca Benito Mussolini raccoglieva a torso nudo il grano, oggi i suoi successori sventolano sobrietà accaparrandosi palchi e posti in platea che in media costano 1200 euro a posto…
Secolo d’Italia (Guido Liberati) – Si fa presto a dire che è finita la parabola politica di Silvio Berlusconi. Ditelo ai partecipanti al Congresso del Ppe a Marsiglia. C’era molta curiosità per la prima uscita ufficiale dopo le dimissioni e il passaggio di consegne con Mario Monti. Berlusconi non si sottrae alla stampa, ma prima riceve il caloroso saluto di alcuni parlamentari (tra loro ci sono Laura Ravetto, Nunzia De Girolamo, Mario Valuducci, Ignazio Abrignani, Rocco Crimi) che rompendo il protocollo lo accolgono e lo salutano nonostante le transenne che delimitano il red carpet. La scena non sfugge alla stampa straniera che stupita inizia a chiedere ai cronisti italiani chi siano le persone in attesa dell’ex capo del governo. Con i cronisti Berlusconi rivendica quanto sostenuto già da premier, e cioè la necessità di ripensare la Bce, dare il via libera agli eurobond e virare rispetto alla «rigida» linea tedesca che tante «responsabilità» ha avuto nel precipitare della crisi greca. Ma è a porte chiuse che va in scena il ritorno di Silvio in Europa …
Il Giornale (Andrea Cuomo) – Fino a martedì tutto si limitava a un generico articolo dello statuto del Pdl, il numero 35: «È emanato un apposito regolamento sulle incompatibilità tra le cariche del movimento e gli incarichi istituzionali e di rappresentanza esterna» … il segretario del Pdl ha scritto a colonnelli e caporali del partito per comunicare le nuove regole del gioco in vista dei prossimi congressi provinciali e di grande città … Se qualcuno aveva ancora dei dubbi, eccolo servito: il partito di plastica sta diventando di carne e ossa. Un Pdl 2.0. Le norme sono dure e impopolari. Nel partito i mugugni sono già partiti …
Il Sole 24 Ore (Barbara Fiammeri) – Silvio Berlusconi torna per la prima volta sulla scena internazionale dopo le dimissioni. L’occasione è il congresso del Ppe, che si è svolto a Marsiglia e al quale l’ex premier ha partecipato intervenendo al vertice dei leader del partiti del centrodestra europeo. Un appuntamento che il Cavaliere ha sfruttato per poter dire la sua sulla crisi dell’euro ma anche sulle vicende interne … L’ex presidente del Consiglio si mostra poi ottimista sul futuro dell’Italia. Il Cavaliere sostiene che «non c’è da preoccuparsi» perché «siamo un Paese di benestanti e nonostante il debito pubblico, è secondo solo alla Germania, più solido di Svezia, Francia e Gran Bretagna». Una lettura positiva, quella dell’ex premier …
Italia Oggi (Diego Gabutti) – Anche Claudio Magris contribuisce al clima festoso seguito alla caduta di Silvio Berlusconi scrivendo con penna asburgica che «sono passati soltanto venti giorni da quando l’Italia ha un nuovo governo e il tempo che li precede appare lontano, perduto nel passato». Quale metamorfosi, sospira Magris con prosa tipicamente mitteleuropea, metà Krisis e metà no, le parole danzano malinconiche, come le ballerine del carillon. Anche «il linguaggio politico» è cambiato, «quel linguaggio rissoso, quelle facezie, quel turpiloquio, anch’essi remoti come le scurrilità di quando facevamo il servizio militare» … Detto ciò, … Magris infila ancora qualche considerazione profonda … e poi si ritira con un inchino un po’ rugginoso, straparlando dei «patetici lazzi del tempo che fu», di qualunque cosa si tratti, come il pupazzo meccanico d’un racconto di Hoffman…
Il Giornale (Vittorio Macioce) – … Dotti, medici e sapienti si stanno rendendo conto che i «se» ancora non fanno cassa e in più le insidie cominciano a essere tante. La luna di miele con la politica sta per finire, i partiti che sostengono la maggioranza soffrono di mal di pancia, ogni gruppo di interesse pensa prima di tutto al proprio portafoglio e, soprattutto, la manovra vive di speranze …
La Nazione (Giuliano Cazzola) – Sulla base delle indicazioni bipartisan della Commissione Lavoro della Camera si sta facendo strada l’ipotesi di correggere la manovra per quanto riguarda la mancata rivalutazione al costo della vita, nei prossimi due anni, delle pensioni di importo superiore a due volte il trattamento minimo. Si cerca di dare copertura anche agli assegni pari a tre volte la pensione minima, elevando così la soglia dagli attuali 936 a 1.400 euro mensili lordi e compensando le minori entrate (2,5 miliardi nel biennio) con ulteriori misure di solidarietà sulle prestazioni più elevate e con un prelievo straordinario sulle baby pensioni … C’è un altro profilo della manovra che si sta rilevando eccessivamente severo: l’abolizione del sistema delle quote e dell’età minima per i trattamenti di anzianità (di cui è soppresso persino il nome), che comporta risparmi cumulati per 13,7 miliardi dal 2013 al 2018 …
Il Fatto Quotidiano (Marco Travaglio) – Han messo la cintura di castità persino a Don Giovanni. Il libertino mangione e beone autobiografico di Mozart ha dovuto adeguarsi al clima di sobrietà imposto dal governo tecnico … Questa almeno l’impressione che si ricava dalle slurpanti cronache sulla Prima della Scala, dove troneggiavano nel palco reale i sobri presidenti Napolitano e Montimer, raggiunti più tardi da uno strano Commendatore di cui si dirà. Titolo de La Stampa: “Il Don Giovanni si fa sobrio“, “Meno botox e più loden, un trionfo minimalista“. La Repubblica: “Alla Scala debutta la sobrietà bipartisan“. Il Mattino: “Un Don Giovanni sobrio, ovazione per Napolitano“. E giù ridicole giustificazioni di vip e vippesse addobbati come alberi di Natale che tentano di sminuire i milioni che portano addosso per passare inosservati. Formigoni: “Il mio smoking è vecchio di 10 anni”. Pisapia: “Il mio è no logo”. Diana Bracco: “La pelliccia l’ho tirata fuori dall’armadio, i gioielli sono di mia mamm” Gae Aulenti: “La mia cappa avrà 30 anni”. La Shammah: “Il mio cappotto è sempre lo stesso perché è l’unico”. La ministra Cancellieri: “La sobrietà mi pare un elemento importante”. Tranne che per la mondanissima Giovanna Salta in Passera, in blu-celeste con spalle scoperte … Il Giornale: “La crisi? Smoking e gioielli. Sacrifici, ma non per tutti. Tra una tassa. e un aumento, Napolitano e Monti si ritrovano nel lusso della Scala”. Bei tempi quando alla Prima andava B. …